Mons. Alfano: Ecco la vera preghiera!

Domenica 23 ottobre – XXX Domenica del Tempo Ordinario – ci presenta un passo del Vangelo di Luca
  
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». 
 
Su questo passo del Vangelo ci offre una riflessione il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
 
Ancora una parabola, una parabola detta da Gesù, per quelli che presumono di essere giusti e di conseguenza disprezzano gli altri.
Le parabole ci affascinano sempre, ci inquietano pure, attendono da noi una presa di posizione, perciò Gesù ce le affida nel cammino della nostra esperienza di discepoli che seguono il Maestro. Questa volta, protagonisti sono un Fariseo e Pubblicano, vanno al Tempio a pregare tutti e due, ma il Fariseo ignora chi gli sta accanto, è così sì pieno di sé, così contento di quello che sta vivendo, che va dal Signore dritto davanti all’altare per ringraziarlo, per lodarlo, per benedirlo e nella preghiera, che è una espressione di lode di benedizione, senza nemmeno rendersene conto, alla fine rimane solo con se stesso. È al centro della sua preghiera, non è Dio, che egli sta benedicendo, è se stesso che sta lodando, quasi si rispecchia e beato si sente autosufficiente, in diritto addirittura, per tutto il bene che fa, che è molto più di quello gli ti viene chiesto dalla legge, di giudicare gli altri; io non sono come quel Pubblicano, io non sono come l’altro, io non sono peccatore come lui. Che tristezza, che solitudine, che inganno in questa preghiera, che nasce dalla considerazione di sé così eccessiva, da non avere spazio nel suo cuore e dunque nella preghiera per nessuno, nemmeno per Dio.
Il Pubblicano? Il Pubblicano, non ha lo stesso ardore e zelo religioso, lui è oberato, schiacciato quasi dal peso del suo peccato. È andato a pregare, ma potrà essere così sereno, libero e sfrontato da presentarsi davanti al Signore faccia a faccia? È in fondo al Tempio, con il capo chino, la sua preghiera non è fatta di molte parole, cosa potrebbe dire, può solo invocare; il perdono e la misericordia. O Dio abbi pietà di me, peccatore!
Ecco la vera preghiera, perciò Gesù, immediatamente, dà l’applicazione, perché ciascuno di noi la concretizzi nella sua vita, questi tornò a casa giustificato. La giustificazione è il riconciliarsi con Dio è riconoscere che nel nostro peccato Dio non si tira indietro, non si stanca mai, è sempre pronto a offrirci il perdono e una possibilità nuova.
Chi fa spazio a Dio, nonostante le sue ferite e il suo limite, fa esperienza della novità, della novità di Dio; questa è la sua Misericordia ed è quello di cui abbiamo tutti, poveri, veri e grandi peccatori, estremo bisogno.
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