Mons. Alfano: “Guardiamo la croce e comprenderemo l’opera meravigliosa di Dio”

Domenica 25  febbraio  ci presenta un passo del vangelo di Marco:
 
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. 
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
 
Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
Il vangelo della trasfigurazione. Che esperienza straordinaria hanno fatto i tre discepoli chiamati e presi da Gesù, lì sul monte. La liturgia quaresimale ci propone questa pagina significativa per la prima comunità cristiana e per tutti noi. Ancora i primi passi del cammino quaresimale. Perché anche noi abbiamo bisogno di essere aiutati, sostenuti, incoraggiati. Non è facile seguire Gesù portando la croce, essere fedeli al vangelo con le sue esigenze radicali e soprattutto seguirlo sulla via del calvario, della donazione totale. È lì che Gesù li ha portati, sul monte. È lì che Gesù si è mostrato in questo suo legame profondissimo con Dio, quasi è esplosa all’esterno la luce luminosissima, vestiti bianchissimi. Marco ce lo presenta così, descrivendo una scena umanamente difficile da raccontare, si, un’esperienza bella perché l’incontro con Dio dà bellezza e gioia, anche nella prova. Mosè, Elia, a rappresentare e ad indicare tutto il cammino del popolo di Israele, la legge, i profeti, in Gesù tutto si concentra, si condensa. L’uomo della croce è il dono che Dio fa all’umanità. Comprendiamo l’esclamazione di Pietro, nonostante la sua fede ancora incerta. Non è un’adesione totale, però è bello restare, vivere con te, fare delle tende, delle capanne, vivere con te per sempre. Comprendiamo la gioia e condividiamo la fatica a scendere dal monte. Scendono con Gesù, in silenzio, dopo aver ascoltato la voce e dopo essere stati avvolti nella nube luminosa. Scendono fidandosi di Lui, il figlio amato, ascoltando la sua parola ma non comprendendo ancora che cosa significasse la resurrezione dai morti. Sarà necessario guardarlo come uomo dei dolori, crocifisso, per poi condividere con Lui l’opera meravigliosa di Dio.  
Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie