Mons. Alfano: “Portiamo frutti di umanità piena”

Domenica 28 febbraio – III Domenica di Quaresima – ci presenta un passo del Vangelo di Luca:
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Su questo passo di Vangelo ci offre una riflessione il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
“Fatti di cronaca drammatici danno la possibilità a Gesù di fare una riflessione con la gente che lo ascolta su ciò che ci succede e vediamo intorno a noi. Guai a giudicare gli altri ritenendoli peggiori di noi. Era una mentalità diffusa allora e anche oggi: non possiamo dire è colpa loro o Dio li ha puniti. Siamo tutti segnati dal peccato e, dunque, bisognosi del perdono del Signore. Se non c’è conversione e richiesta di aiuto nei confronti del Padre corriamo lo stesso rischio. L’avvertimento di Gesù è forte, non è una minaccia, ma un invito ad aprire gli occhi: ‘Se non vi convertite, perirete. Se non riconoscete che avete bisogno di aiuto, ne sarete privi’.
E così Gesù può annunciare con una parabola semplice, ma allo stesso tempo sconvolgente, lo stile di Dio. Raccogliere i frutti meritati e attesi è diritto del padrone che per tre anni ha cercato di prendere da questa pianta i frutti che essa doveva offrire, ma non sono arrivati. Non c’è più da aspettare e invece il vignaiolo dice al padrone di prendere ancora un altro anno, curando l’albero dandogli ancora una possibilità. Che spiraglio! Questa non è la nostra logica, è la logica di Dio, che non viene a chiederci conto con un giudizio inesorabile e implacabile, ci dà sempre una possibilità, è lento all’ira. La sua misericordia ci permette di ricominciare d’accapo perché Egli si prende cura di noi. Certo, occorre che noi portiamo frutto, che la nostra vita non sia povera, egoista o chiusa su noi stessi. La Quaresima ci deve aprire il cuore all’amore infinito e misericordioso di Dio e alla grande responsabilità di portare frutti di amore, generosità, amicizia, fraternità, servizio disinteressato, donazione ai fratelli, umanità piena. Così anche noi saremo figli dell’unico Padre”.