Mons. Alfano: “Siate testimoni di Colui che è al centro della vostra vita”

Domenica 17 dicembre ci presenta un passo del vangelo di Giovanni:
 
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». 
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
 
Su questo passo del Vangelo, ci offre una riflessione, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano:
 
L’invito alla gioia nella terza domenica di avvento ci arriva attraverso la testimonianza di Giovanni il Battista. Figura fondamentale in questo tempo che ci prepara al mistero della nascita del Signore. Ancor più ci prepara ad accogliere il Signore oggi nella nostra vita, Lui che continua a venire. Importante la testimonianza di Giovanni che nel quarto vangelo presenta, non tanto il battezzatore, il profeta che pure predica, esorta, battezza coloro che si pentono, ma come il testimone: colui che prepara la strada e parla a nome di un altro. Indica colui che deve venire. Giovanni è pienamente cosciente della sua missione e dinanzi a coloro che gli pongono la domanda “Tu chi sei?”, domanda fondamentale perché rimanda alla coscienza di sé, ancor più all’identità davanti a Dio, Giovanni risponde con chiarezza. Tanto importante anche per noi chiamati ad essere testimoni del Signore avere dunque coscienza della missione ricevuta. Giovanni dice “Io non sono il messia, non sono il profeta che aspettate, non Elia che dovrà venire e preparare la strada per il messia che è in mezzo a noi. Io sono solo la voce”. È una consapevolezza grande della sua missione che è molto specifica. Giovanni non si sostituisce a Gesù, non prende il posto di Gesù, non attira l’attenzione su di sé. Noi non potremmo mai essere testimoni di Gesù annunciatori della buona notizia, ponendo l’attenzione su di noi, ponendoci al centro della vita della comunità, nella vita dei nostri rapporti. Questo vale ovunque, in famiglia, a lavoro, con gli amici, nelle nostre comunità. Al centro della vita della comunità, qualunque essa sia. Il testimone indica ma non si pone al suo posto. È la voce che fa arrivare la forza della parola, è la voce che consente agli altri di ascoltare e perciò di incontrare. Giovanni, così risponde a conclusione di questo dialogo intenso e forte, può continuare a battezzare, gli viene contestato. Perché egli battezza nell’acqua, segno di attesa forte per Colui che quando verrà – anzi egli dice che è già in mezzo a voi ma non lo conoscete – donerà la pienezza dello Spirito perché tutti possano vivere, e così deve essere anche per noi, nella gioia dei figli. 
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