Domenica 21 settembre, XXV Domenica del Tempo Ordinario, ci presenta un passo del Vangelo secondo Matteo:
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì allalba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?. Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori e da loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anchessi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato unora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a questultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Su questo ci offre un pensiero il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano: Il comportamento del padrone non risponde ai nostri criteri di giustizia: per noi ognuno ha diritto non solo a lavorare, ma anche a essere retribuito equamente secondo i sacrifici e limpegno profusi. Ma il messaggio di Gesù vuole andare oltre, ci vuole fare intuire qualcosa del mistero di Dio, che non sta a misurare le nostre azioni per premiarci: la sua misericordia è gratuita, il suo amore è infinito. Ma il problema è un altro: non è tanto accettare questa bontà infinita di Dio, ma la relazione tra gli uomini. E qui la provocazione si fa imbarazzante: siamo forse invidiosi? È locchio cattivo che non ci consente di gioire del bene che viene fatto allaltro?.
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