Primo convegno Vita consacrata: “Ritornare alla follia della croce e alla scelta di comunione”

La Commissione diocesana per la Vita consacrata, nell’ambito delle iniziative per l’Anno dedicato ai consacrati, ha promosso, il 24 e il 25 aprile, il primo convegno diocesano per la Vita consacrata, al Seminario diocesano di San Giovanni Bosco, a Scanzano (Castellammare). È intervenuto in qualità di relatore mons. Giuseppe Morosini, om, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, che ha illustrato gli obiettivi indicati da Papa Francesco per l’Anno della Vita consacrata, nella Lettera apostolica ai consacrati.
La prima conferenza ha avuto per tema “Guardare il passato con gratitudine”, durante la quale il presule ha sottolineato che per rileggere tutto il cammino post-conciliare siamo invitati a ritornare alle origini, a reinventare la vita religiosa, a maturare relazioni nella Chiesa locale, alla fedeltà creativa, all’inculturazione, a pensare nuovi areopaghi. Indubbiamente, come dice anche il Papa nella Lettera ai consacrati, “il vero problema era ed è la sfida della mondanizzazione”. Dunque, il rinnovamento della Vita consacrata si gioca tutto a questo livello.
Mons. Morosini ha anche evidenziato l’importanza di conoscere il carisma del proprio Istituto, purificarlo da tutte le soprastrutture, rilanciarlo nei nuovi areopaghi. Occorre scoprire la freschezza e la originalità del carisma, come risposta ad un bisogno della persona in generale, o della Chiesa locale, sulla base di un valore evangelico. Il carisma è una grazia, suscitata da Dio nella Chiesa. La diversità dei carismi genera l’identità dei veri stati di vita, la specificità della loro vocazione e della loro missione. Ai consacrati e alle consacrate viene chiesta innanzitutto la fedeltà al carisma fondamentale, ma anche la fedeltà creativa. Infatti, i fondatori hanno risposto evangelicamente ai problemi del loro tempo e della loro società con intraprendenza, inventiva, santità. L’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova ha quindi evidenziato che, rimanendo fermo il valore evangelico che ha ispirato il fondatore, anche i consacrati e le consacrate di oggi devono rispondere ai segni dei nostri tempi. Cosa viene chiesto, allora? Perseveranza nel cammino di santità nelle vicende quotidiane, competenza nel proprio lavoro, fedeltà dinanzi alla propria missione, adattandone le forme nella fedeltà alla volontà di Dio. il presule ha parlato anche della necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, riscopendo in essa l’itinerario di sequela che i fondatori hanno tracciato nel contesto del carisma che il Signore aveva suscitato in loro.
Nella seconda conferenza, sul tema “Vivere il presente con passione…”, mons. Morosini ha parlato di come rendere vitale la Vita consacrata nella Chiesa. Perciò, ha invitato a guardare i fondatori e le fondatrici per imparare come loro hanno guardato il loro tempo, come hanno meditato il Vangelo in relazione ai segni dei tempi, come si sono messi in sintonia con la Chiesa, come hanno messo a frutto la loro volontà di sequela. Ricordando la lettera del Papa, il presule ha puntato sulla “compassione di Gesù” che permette al consacrato e alla consacrata di verificare l’impegno a favore delle persone e della situazioni nelle quali si vive. “Per vivere il presente con passione dobbiamo accogliere l’invito del Papa ed entrare tutti nell’ottica di una Chiesa in uscita”, ha aggiunto, spiegando anche il significato di questa espressione tanto cara al Papa, a partire dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. La visione di Chiesa in uscita, ha spiegato l’arcivescovo, traduce il monito a mettere da parte una pastorale di conservazione, chiusa nelle chiese, ridotte a stazione di servizio; una pastorale che risponde ai bisogni di chi crede. Essa indica una pastorale che si apre all’evangelizzazione e alla missionarietà. Bisogna mantenere uno stile evangelizzatore in ogni attività. Bisogna attuare una evangelizzazione da persona a persona, nella quotidianità, nel dialogo personale esprimendo quello che noi siamo ancor prima di annunciare la Parola. In effetti, una immagine di Chiesa tutta protesa alla missione e all’evangelizzazione non esige solo piccoli accomodamenti, ma delle trasformazioni veramente profonde.
Il convegno è stato arricchito da una serie di laboratori in cui sono stati approfonditi i temi affrontati nelle relazioni. Ha concluso l’incontro una Santa Messa in cui mons. Morosini ha parlato dell’ultimo obiettivo indicato da Papa Francesco per l’Anno dedicato alla Vita consacrata: “Abbracciare il futuro con speranza”. Ma come si può guardare il futuro con speranza, se il contesto generale nel quale siamo non ci riserva spazi sociali per i quali possiamo ancora dire qualcosa, al di là forse solo di alcuni servizi che possiamo prestare? È a questo punto che occorre fare la scelta evangelica del percorso della croce ed essere seme che cade sulla terra per morire e generare vita nuova. L’arcivescovo ha suggerito due strade, che sono quelle della radicalità evangelica: ritornare alla follia della croce e alla scelta di comunione. Il ritorno alla follia della croce vuol dire accettare la sfida del relativismo, della insignificanza e dell’emarginazione con la predicazione della croce, vivendo sino in fondo quel Vangelo oggi contestato, quelle sue pagine dimenticate, vivendo nelle nostre comunità quelle forme di vita che da sempre sono state argine contro la mondanizzazione. Dato che la Vita consacrata è una sequela di Cristo, non può essere il criterio del mondo a guidare i consacrati. Gesù ha salvato il mondo con la croce. “Non salveremo il mondo accodandoci al mondo, ma andando contro la mondanità e la secolarizzazione: noi predichiamo Cristo e Cristo crocifisso, scandalo e follia – ha affermato -. Dobbiamo avere il coraggio della diversità. Il cedimento al mondo non è né misericordia, né compassione. Quanto più forte è la radicalizzazione del mondo, tanto più forte deve essere la testimonianza della croce”. Infine, il presule ha invitato a “riscoprire la comunione”.
 

di Gigliola ALFARO