Sabato 8 novembre ordinato il terzo vescovo ausiliare di Napoli

Sabato 8 novembre la Chiesa di Napoli ha vissuto un giorno di festa. Infatti, è stata celebrata l’ordinazione episcopale del terzo vescovo ausiliare di Napoli, monsignor Salvatore Angerami. Presieduta dal card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, alla messa hanno partecipato i vescovi ausiliari di Napoli, mons. Lucio Lemmo e mons. Gennaro Acampa e oltre 20 vescovi della Campania, tra cui il nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano, e di  altre località.
 
“Ecco, caro don Salvatore, il tuo programma episcopale: dare la vita per il popolo che il Signore, Ti ha affidato – ha sottolineato nell’omelia il card. Sepe -. Dare la vita significa trasformarsi, come ha fatto Cristo Signore in cibo per soddisfare la fame del popolo affamato. Dar da mangiare …. ‘Date voi stessi, la vostra vita come cibo per gli affamati; questo (pane) è il mio Corpo: prendete e mangiate’. È quanto hanno fatto i santi”. Il porporato ha evidenziato che “dal deserto materiale ed esistenziale in cui si vive, si leva il grido delle moltitudini che chiedono pane, futuro, giustizia. I nostri giovani, soprattutto, chiedono di essere sfamati di speranza. È questione di vita o di morte! Se non rispondiamo noi, discepoli e testimoni di Cristo, altri sono pronti a irretirli nelle maglie  dell’illegalità e della violenza, fino a soffocare la loro dignità umana e sociale”.
 
“Contro il pericolo dei lupi rapaci sempre in agguato per devastare il gregge degli affamati e degli sbandati, il vescovo, buon pastore, guida e insegna al popolo a cibarsi dei pascoli ubertosi dei sacramenti, della Parola di Dio, della carità fattiva che si esprime nella condivisione e nella solidarietà con tutti i poveri”, ha sostenuto l’arcivescovo di Napoli, che ha ricordato come il beato Papa Paolo VI nell’Enciclica “Populorum Progressio” abbia descritto l’umiliante e drammatica situazione dei “Popoli della fame” che gridano contro i “Popoli dell’opulenza”, chiamando tutti “ad operare nello spirito di quel Vangelo della giustizia e della speranza insegnatoci dal Signore”. “Popoli della fame” è “l’umanità lontana anche geograficamente, ma anche quella a noi vicina, che abita nei nostri quartieri, nei vicoli e, come si esprime Papa Francesco, nelle tante periferie esistenziali che brulicano nella nostra diocesi”. “Di fronte a questi nostri fratelli e sorelle che brancolano nel buio, che si sentono soli e scoraggiati – ha avvertito il cardinale Sepe -, non possiamo limitarci ad affacciarci dalla finestra e a guardare dall’alto, in lontananza, forse da una posizione di privilegio. Sarebbe la negazione del nostro impegno e della nostra responsabilità di cristiani e di inviati a proclamare il Vangelo della carità ai fratelli affamati. La nostra missione esige, al contrario, di aprire le nostre porte per andare incontro, ospitare, accompagnare, donarci nella carità. Anche qui a Napoli vive una moltitudine di affamati che chiede, grida per essere sfamato. La Chiesa ha il dovere di farsi pane, di farsi prossimo a chi è povero, è solo, è emarginato. Perciò, un cuore di vescovo deve essere una porta sempre aperta; un varco d’ingresso; uno spazio di accoglienza per tutti, principalmente per quelli che chiedono di vivere o sopravvivere in un mondo ottuso, chiuso nel proprio egoismo”.
 
Ricordando che mons. Angerami ha lasciato una professione e una carriera umanamente soddisfacente (ingegnere), “per seguire il Maestro”, il porporato ha detto: “Il tuo ministero sacerdotale è stato caratterizzato sempre dalla disponibilità a donarti agli altri, con umiltà e generosità. Hai saputo guidare il gregge a te affidato seguendo sempre e solo Cristo, Buon Pastore, come stai facendo anche ora come rettore del nostro Seminario diocesano. Oggi il Signore Ti chiama ad essere successore di quegli Apostoli che sono andati nel mondo spargendo il seme della speranza e testimoniando, con l’offerta della loro vita, la verità del Vangelo. Come Vescovo, il campo di lavoro, assieme alla responsabilità, si è allargato. Va e coltiva la vigna del Signore con coraggio e totale donazione, senza aver paura delle difficoltà e delle opposizioni che, certamente, il Maligno non farà mancare, come è successo allo stesso nostro Salvatore, agli Apostoli e ai Santi”.