Cosa si può fare di più in epoca COVID-19 per tenere viva la comunità parrocchiale, alimentare la preghiera, far incontrare le persone impaurite e disperse, seppur nello scrupoloso rispetto delle prescrizioni di igiene e sicurezza? Il parroco don Francesco ci aveva stimolato e convocato come consiglio pastorale, ne avevamo discusso tra i responsabili parrocchiali della catechesi, e ci è sembrata subito significativo per gli adulti (ma aperta a tutti), proporre l’Adorazione Eucaristica nella Basilica S. Maria del Lauro al termine della settimana lavorativa sabato 7 novembre.
Nel silenzio del tempio di Dio, con la luce soffusa nelle 3 navate, con la luce intensa sul Santissimo, con un buon numero di partecipanti “distanziati” tra i banchi, l’Adorazione ha avuto come prologo la parola di Dio e poi si è articolato in tre fasi uguali secondo la sequenza: preghiera recitata insieme, riflessione del celebrante, pausa di riflessione personale.
Ognuno dei presenti, quindi, ha avuto il momento dell’ascolto, quello della preghiera “a voce”, quello della preghiera “del cuore” nel silenzio, quello dello sguardo al Santissimo. Ognuno con la sua personalissima sensibilità ed attenzione, immagino: paura, incertezza, attesa, speranza, richiesta di grazia, sentirsi amato, farsi prossimo, e tanto altro.
Non posso che riportarvi ciò che il rito dell’Adorazione ha suggerito a me.
La parola di Dio è stata il brano di Gesù che cammina sulle acque sbattute dal vento verso la barca degli apostoli (Mt 14, 22-33). Gesù che dice “Coraggio, sono io, non abbiate paura” e Pietro che grida “Signore, salvami” sono le parole della Parola” che mi hanno rimbombato all’ascolto dall’angolino buio dove mi trovavo nel tempio, non solo o meglio non tanto per me, che non sono ansioso e non vivo nella paura COVID. Se Gesù uomo e Dio parlò “Coraggio” ed afferrò Pietro di fronte ad una chiara situazione di pericolo di vita sulle acque, Gesù vivo e vero nell’Eucaristia ci suggerisce “Coraggio” di fronte al pericolo del contagio. In più, l’Eucaristia corpo e sangue di Cristo è qui per noi e ci vuol dare “Coraggio” ad ogni celebrazione di Messa.
Don Francesco nel ci ha guidato nell’entrare nella parola di Dio attraverso la preghiera del cardinale José Tolentino Mendonça. “Liberaci, Signore, da questo virus, e da tutti gli altri virus.” Tra le altre invocazioni “Liberaci dal virus del pessimismo, che ci aliena dal diritto di dare credito alla SPERANZA. Liberaci dal virus dell’isolamento interiore che disgrega: il mondo continua a essere una COMUNITÀ VIVA. Liberaci dal virus dell’individualismo che fa ergere muraglie, e fa saltare in aria tutti i ponti intorno a noi.” mi hanno distolto dall’ambulanza del pronto soccorso o dal letto di ospedale, per portarmi diritto al cuore pulsante dell’essere umano: il dolore questa volta non fisico ma morale, la contrapposizione tra “ego” e “nos”, la chiusura conseguenza della paura, l’isolamento e l’individualismo come apparenti strumenti di salvezza. Invece, la preghiera “Liberaci dal virus“ invoca la Speranza, la virtù teologale che ribalta la disperazione; chiama alla Comunità che vince l’isolamento. Quanti gesti di avvicinamento, solidarietà, conforto, dal balcone al condominio al quartiere; dal forno del pane alla protezione civile all’anziano isolato in casa; dalla Caritas alle famiglie povere o impoverite, divenute “centro del vangelo”.
Alla fine, mentre cantiamo “Ho lottato tanto”, l’ultima frase “Signore, tu non smetti di ricordarci che tu stesso ci hai posto a sentinelle dell’aurora” accompagna il ritorno a casa.
Michele