Simona Aztori: “Abbiamo tutto per essere felici”

(Tutte le Foto della Pasqua dei Giovani e i Vostri Selfie sono visibili sulla Pagina Fb della Pastorale Giovanile di corsa a taggare!!!)
 
La Pasqua dei Giovani ha avuto quest’anno un’ospite speciale, che ha offerto una testimonianza che non può lasciare indifferenti, soprattutto che smuove qualcosa dentro ai giovani, ma anche agli adulti: Simona Aztori. Tutti la conosciamo come nota ballerina, pittrice e scrittrice. È famosa perché è brava. Ha una gioia di vivere contagiosa, è felice. Eppure, per lei niente di tutto questo è stato scontato. È nata senza braccia, ma non ne ha fatto una tragedia e, giorno dopo giorno, è riuscita, con l’aiuto della sua famiglia, a costruirsi una vita felice. Per tutti noi che siamo sempre insoddisfatti, la domanda posta nel suo primo libro, “Cosa ti manca per essere felice?”, è una salutare provocazione. In occasione della sua presenza alla Pasqua dei Giovani, le abbiamo rivolto qualche domanda.
 
Simona, la nostra è una società che impone ossessivamente modelli sempre perfetti. Questo ti ha creato problemi quando eri piccola?
“Non ho mai vissuto questa realtà come un peso, anche perché il mio modello è stato sempre un po’ al di là di quello in cui tutti credono e vedono, grazie alla mia famiglia che mi hai insegnato a credere in altri valori: a noi interessava riuscire a fare quello che era nel mio percorso. Non mi hanno insegnato a paragonare il mio vissuto a quello degli altri. D’altra parte, un modello diventa tale nel momento in cui serve a noi. Questo mi ha permesso di cercare modelli che erano utili alla mia crescita e mi ha aiutato a non voler essere come nessun altro, anzi a prendere da ogni persona che ho incontrato nel mio cammino qualcosa perché potesse aiutarmi. Certo, ci sono stati periodi difficili nell’adolescenza, quando in qualche modo si vuole essere come gli altri, proprio perché sentirsi speciali, particolari, ti rende comunque diverso. Invece, amalgamarsi al gruppo è una sicurezza che in quella fascia di vita ognuno di noi cerca. Io credo abbia vissuto quegli anni come tutti gli altri, non penso di averli vissuti in maniera più forte”.
 
Come si vince la cultura dello scarto, di cui parla tanto il Papa, ma che è imperante nella nostra cultura?
“È molto difficile, perché è un tipo di mentalità facile a cui aggrapparsi perché è quella che conoscono tutti e che tutti hanno in qualche modo dentro. Già capire da dove viene questa mentalità sarebbe forse il segreto per riuscire a cambiarla. Sicuramente possiamo essere portatori di un pensiero positivo molto semplice e quasi banale, ma forse più difficile proprio perché banale: considerare la vita come un dono e pensare che nel modo in cui noi siamo arrivati in questo mondo c’è il senso della nostra vita. Ugualmente, ciò che ci succede durante il percorso della nostra vita per quanto difficile, in alcuni momenti, può anche avere un senso e tante volte lo ha. Purtroppo, immersi nel dolore, non lo capiamo e, a volte, lo capiamo dopo. Ecco, avere la fede di credere che sia così. A volte pensiamo che non abbiamo tutto quanto ci serve e siamo sempre alla ricerca di quello che ci manca. Al contrario, dobbiamo guardare quello che abbiamo. Questo è stato per me il segreto grazie, lo devo dire di nuovo, alla mia famiglia, che quando ero bambina non si è fermata a vedere quello che mi mancava – quello era evidentissimo, due braccia, che tutti gli altri avevano -, ma ha guardato quello che io potevo fare, innanzitutto nel mio corpo rendendosi conto che i miei piedi potevano anche diventare mani. È una potenzialità che abbiamo tutti, ma noi non lo sappiamo. Anche noi lo abbiamo dovuto scoprire, ma questo ci ha permesso di improntare la nostra vita nel ricercare non quello che non abbiamo, ma quello che già abbiamo per scoprire altre cose in più che sono nel nostro cammino”.
 
Quanto ha influito nel tuo cammino la fede?
“Il mio è stato ed è un cammino di fede. Io ne parlo se mi viene chiesto, poi partecipo a eventi di questo tipo perché ci credo; credo al valore della vita e al modo in cui Lui mi ha disegnato e voluto in questo mondo. Disegnando, danzando e dipingendo io Lo ringrazio. Questa è la mia storia personale. Io invito le persone a farsi queste domande, a capire qual è il loro senso, qual è il loro messaggio, cosa devono portare in questa vita per loro stessi e anche per le altre persone. La mia voglia, però, è di farlo anche in modo laico perché penso che questo sia un messaggio che deve arrivare a tutti, al di là di quello in cui uno creda o meno. Per esempio, io cito sempre una frase di Giovanni Paolo II che diceva: ‘Prendete la vita nelle vostre mani e fatene un capolavoro’. Io la trovo una affermazione di una laicità incredibile e l’ha detta un Papa. Io penso che il vero percorso di fede inizia già nel momento in cui credi nella vita. La mia mamma era una persona che credeva tantissimo, aveva una grandissima fede e lei mi ha insegnato una fede concreta fatta di azioni e per me la pittura e la danza sono le mie azioni”.
 
Tu ti cimenti in varie forme d’arte: secondo te l’arte può essere una forma di riscatto o un modo di scoprire la bellezza nella vita?
“Per me l’arte aiuta a scoprire la bellezza della vita. Non lo vedo come un riscatto perché vorrebbe dire che c’è qualcosa da dimostrare, invece l’arte è semplicemente uno strumento, come quello della fede, con cui comunicare. Infatti, io chiamo la danza e la pittura le mie ali perché mi permettono in qualche modo di volare, di raggiungere le persone attraverso quella che sono io. Sono semplicemente un tramite tra me e gli altri. Attraverso la danza e i colori della pittura cerco di manifestare la bellezza, innanzitutto quella che abbiamo dentro di noi e poi di renderla concreta attraverso l’arte, concreta tra virgolette perché poi ognuno di noi la percepisce in modo soggettivo; comunque è una forma di bellezza profonda, che ha un suo senso quando incontra lo sguardo degli altri”.
 
Hai scritto un libro che provocatoriamente chiede cosa ci manca per essere felici: ai giovani cosa manca per essere felici?
“Ai giovani non manca niente, solo che certe volte non lo sanno. A nessuno di noi manca niente, ma non lo sappiamo. Non so da dove arriva questa ricerca di quello che non c’è. Non sto parlando di obiettivi. Un obiettivo è andare alla ricerca di qualcosa di cui abbiamo bisogno, quindi potenzialmente già c’è, ma parte da dentro di noi. Gli strumenti sono tutti in noi, perché senza la nostra anima, il nostro cuore, la nostra testa non possiamo arrivare a niente, invece qualcuno ci ha insegnato a guardare il bicchiere mezzo vuoto piuttosto che mezzo pieno, ma è quanto basta in questo momento. Mi rendo conto che questa mia domanda è un poco provocatoria fatta da me, proprio perché non mi nascondo rispetto ai problemi di una persona che non ha le braccia. Quindi, se io chiedo: ‘Cosa ti manca per essere felice?’, gli altri iniziano a interrogarsi. Così scopriremo che per essere felici non serve niente oltre quello che abbiamo dentro”.
 
Tu sei protagonista di tanti incontri. Come aiuti i giovani a scoprire che hanno già tutto?
“Innanzitutto, incontrandoli. È come quando noi vogliamo cambiare qualcosa di noi stessi, solamente capendolo abbiamo fatto il primo passo. Già facendosi domande si è sulla strada giusta. A volte nei miei incontri e nei miei spettacoli chiedo alle persone perché siete venuti a vedermi? Perché già il fatto di essere usciti di casa, magari in una sera fredda, e di incontrami, il primo passo è stato fatto. Invece noi pensiamo di dover fare chissà che cosa. Io penso che già avere l’apertura di incontrare gli altri e di accogliere le risposte che possono arrivare e poi di rigirarle a se stessi possa essere un modo. Io poi dico sempre: io racconto la mia esperienza: è la mia storia, non ho verità, non voglio insegnare niente a nessuno perché penso che la vita non si possa insegnare, condivido solamente quello che è il mio percorso, quello che ho imparato, che sto imparando e che spero ancora imparerò. Io dono il mio sorriso, la mia voglia di vivere, nonostante tutte le difficoltà che non si devono nascondere, ma che possono essere tante volte un trampolino per scoprire tanto altro che altrimenti non avremmo mai scoperto. Mi auguro che le persone tornando a casa possano tenere anche una briciola del momento che hanno condiviso con me”.
 
Per te qual è il segreto della felicità?
“Io penso che si debba ricercarlo ogni giorno. Una ragazzina una volta mi ha detto che leggendo il mio libro aveva capito che la felicità è il viaggio. Noi pensiamo sempre che la felicità sia arrivare alla meta; la meta è importante e arrivando potremmo aver una felicità grandissima, ma, se non abbiamo vissuto il percorso, la felicità diventa fine a se stessa e va via in un attimo. Invece, ogni giorno noi possiamo scoprire frammenti di felicità e dobbiamo dare a noi stessi questa possibilità. Da qualche giorno ho iniziato su Facebook a scrivere sotto #lafelicitàè tutto quello che mi viene in mente. Oggi, ad esempio, ho scritto che la felicità è un cielo che rincorre un treno che sa dove sta andando e che in questo caso mi portava a Napoli per vivere un’altra avventura”.
 
Tutte le Foto della Pasqua dei Giovani e i Vostri Selfie sono visibili sulla Pagina Fb della Pastorale Giovanile di corsa a taggare!!!

 

di Gigliola ALFARO