Stabat Mater: un video da gustare

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Per tutti gli internauti che amano navigare sul nostro sito, da qualche giorno c’è un regalo speciale nella sezione Multimedia e in particolare nella Videogallery. Infatti, è possibile vedere la registrazione dello Stabat Mater, che è stato eseguito Mercoledì Santo, 27 marzo, nella Cattedrale di Sorrento.  L’opera è stata musicata da grandi autori. Quella che abbiamo potuto ascoltare Mercoledì Santo in Cattedrale è stata musicata dal maestro don Angelo Castellano, direttore dell’Ufficio diocesano Musica sacra.
L’opera per coro e voce solista è stata eseguita dalla cappella musicale “Laus Deo”, guidata da Marianna Russo, soprano.
 
Durante lo “Stabat Mater” il nostro Arcivescovo, Francesco Alfano, ha offerto delle meditazioni sulla Passione di Cristo e sul dolore di Maria. Lo “Stabat Mater”, infatti, è una sequenza liturgica in onore della Madonna, il cui autore è generalmente considerato Jacopone da Todi, anche se si tratta di una attribuzione controversa. 
 
“Vorremmo vivere questa esperienza straordinaria, intensa e forte in spirito di preghiera. È l’atteggiamento migliore e più consono al mistero che ci prepariamo a celebrare e vivere nella Pasqua”, ha detto mons. Alfano, prima dell’inizio dell’opera. “La preghiera – ha spiegato il Presule – esige silenzio e richiama la dimensione fondamentale della nostra vita, che è la ricerca di Dio. La preghiera  consente all’uomo di ritrovare se stesso, uscendo da sé e alzando lo sguardo verso l’alto, dove c’è la croce”. Questo “perché non fuggiamo dalla realtà: la preghiera non è evasione, non è stordimento, inganno o menzogna. La Pasqua ci fa vivere intensamente nei riti, nelle celebrazioni, nell’attesa, nella memoria, nella condivisione, nella comunione, nella fraternità, nel recupero della speranza la preghiera, che per noi cristiani è incontro con Dio attraverso la vicenda degli uomini. Portiamo la nostra storia nella preghiera”. Per l’Arcivescovo, “la croce è la cifra più forte, la sintesi più piena di questo incontro tra Dio e l’uomo, perché l’uomo è crocifisso, perché la storia degli uomini è segnata dalla croce”. Allora “l’esperienza di questa sera artistico-musicale, vissuta in clima di preghiera, significa predisporci a un incontro forte, vero e  pieno con la verità di noi stessi senza dimenticare nulla di ciò che accade intorno a noi, ma tutto trasfigurato da quella bellezza e da quell’amore che nella croce di Cristo trova il suo compimento. Sarà un’esperienza che ci permetterà di stare nel cuore della storia e quindi nel cuore di Dio”.
 
Sotto la croce, ha ricordato l’Arcivescovo nella sua meditazione, “c’è Maria, la madre di Gesù. L’evangelista Giovanni ce la presenta così: come la madre. L’esperienza della madre è l’esperienza della tenerezza, del legame che rimane sempre tale in ogni circostanza, anche nel dolore, persino nella morte. La madre è colei che è legata alla vita, è testimone unica della vita che arriva, che non ci appartiene e ci viene donata. Maria è la madre e sta lì come colei che è fedele e rimane, ha accolto il dono, ha detto il suo sì. Come ogni madre è testimone unica di un mistero che la supera, perché la vita non appartiene agli uomini, non può venire dagli uomini, ma passa, entra, tocca e cambia la nostra esistenza perché l’avvicina a Dio”. Eppure, ha osservato il nostro Pastore, “Maria, la madre di Gesù, sta ai piedi della croce, nel luogo che è l’opposto della vita, nel luogo che è l’offesa più grande alla vita, che non è semplicemente la morte, la conclusione in qualche modo naturale della vita. Noi ci ribelliamo sempre al destino della morte, se la vita ci è stata donata noi vogliamo vivere, tuttavia la croce esprime molto di più: la violenza ingiustificata che purtroppo segna la storia dell’umanità da sempre, anche oggi, dell’uomo contro l’uomo”. Si tratta, ha ribadito mons. Alfano, dell’ “offesa più grave alla vita. È la bestemmia più grande contro Dio perché è contro l’uomo”. Eppure, “Maria non scappa, ecco la forza della preghiera. Non è solo il pianto della madre, tanto meno la disperazione per un dolore così inaudito, è molto di più: è la ricerca di Dio laddove Dio sembra non esserci più”. Anche “la Chiesa è chiamata a essere madre: la nostra esperienza di fede ci deve portare a vivere questa maternità, testimoni, in qualche modo protagonisti di un dono, quello della vita, che viene da Dio,  che non ci appartiene e deve arrivare a tutti”. Ma quel restare anche nel momento più buio e insopportabile della nostra esperienza umana ci dice qualcosa di più: “Maria ascolta ai piedi della croce le parole che le vengono donate dal Figlio che è il suo Signore: donna, ecco il tuo figlio”. E Maria, la madre e la donna, “può aprirsi ancora una volta al dono nel momento in cui le viene sottratto”. Tutto ciò costituisce “una grande speranza anche per noi, per la Chiesa, oggi, sempre: non siamo autorizzati a lamentarci se con Maria impariamo a stare ai piedi della croce”. E allora risentiamo quelle parole: “Donna, ecco il tuo figlio, apri gli occhi, il cuore, vedi chi è accanto a te, la croce ci fa sperimentare la forza dell’amore, è il dolore che apre, fecondo di chi accogliendo, anche nel momento estremo della prova , il dono di Dio, sa rimettersi in piedi, si rialza, resuscita. È il dono che chiediamo anche per noi”.
 
Alla fine dello Stabat Mater, l’Arcivescovo ha preso di nuovo la parola: “La croce è trasfigurata,  la morte diventa vita, esplosione di vita e Maria ai piedi della croce ha vinto perché ha ricevuto il dono della vita piena, della vita risorta. Le sue sofferenze e le sue lacrime sono state trasformate in seme di speranza, in germe di novità, è la grande gioia che la Chiesa accoglie da Maria e impara da lei a fare spazio nella sua casa, nella storia e nella vita di ogni giorno. Maria accolse il discepolo come suo figlio. Così la Pasqua diventa inizio di una storia nuova, trasformazione della realtà, che non cambia d’incanto, non è una favola, ma il riconoscere questa possibilità assolutamente nuova che ci viene data e che ci è stata trasmessa anche in questa meravigliosa esperienza vissuta insieme stasera”. Sì – ha affermato mons. Alfano – Dio è in mezzo a noi, nel pianto e nel dolore possiamo alzare lo sguardo e contemplare il crocifisso con occhi nuovi, gli occhi che hanno brillato di commozione insieme con il cuore, stasera”.