Omelia Messa Crismale 2019

17-04-2019

       Cari amici,

       che gioia ritrovarci insieme come ogni anno per questa solenne celebrazione eucaristica che conclude l’itinerario quaresimale e introduce nella grande festa della Pasqua! È la gioia dei fratelli e delle sorelle che camminano insieme e condividono la passione dei discepoli alla scuola del Maestro. È la gioia degli amici che sperimentano il forte legame che unisce in Cristo. È la gioia di un popolo che cresce nella speranza e non smarrisce la meta verso cui tende, il Regno di Dio in mezzo a noi. Questa sera siamo tutti radunati attorno alla mensa del Signore in questa chiesa cattedrale come un’unica famiglia, allo stesso modo dei suoi paesani che quel giorno a Nazaret lo accolsero nella loro sinagoga e si predisposero ad ascoltare il suo insegnamento. Cosa avrebbe detto di così nuovo e sorprendente lui che era cresciuto con loro e aveva vissuto la medesima condizione umana di ciascuno dei presenti, ma che ora suscitava meraviglia ovunque con i suoi gesti e le sue parole? L’attesa era trepidante e lasciò spazio al silenzio dell’ascolto, proprio come accade per noi in questo momento.

       La gioia del Vangelo! Ecco cosa risuonò nella piccola sinagoga di Nazaret, attraverso la lettura di un passo preso dal rotolo di Isaia che anche noi abbiamo appena ascoltato. Le parole del profeta, già tante volte lette e commentate, acquistavano un senso sorprendentemente nuovo. Apparivano più vere, finalmente compiute ora che erano pronunciate da Gesù. Riaccendevano la speranza nella fedeltà delle antiche promesse fatte da Dio al suo popolo. Suscitavano desideri di giustizia, di amore, di pace, tutti nascosti nei cuori un po’ appesantiti o addirittura delusi, affaticati, stanchi. La “buona notizia” era davanti a loro: annunciata, proclamata, gridata. La si poteva vedere e non solo ascoltare, quasi toccare con mano nella persona stessa di colui verso il quale gli occhi di tutti si rivolsero per ascoltare il suo commento: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4, 21). La gioia del Vangelo è la persona stessa di Gesù, oggi e sempre, per noi e per tutti. Dona serenità e forza, favorisce l’incontro con il Padre per ciascuno dei suoi figli, non esclude nessuno e non discrimina, non giudica e non condanna. Restituisce dignità a chi l’ha perduta, riapre cammini interrotti, assicura il perdono e fa sperimentare l’accoglienza, la fraternità, la concordia, l’amore. È una gioia che non dipende da noi, che non possiamo meritare o conquistare. Assolutamente gratuita, viene messa a nostra disposizione a un’unica essenziale condizione: che accettiamo di non vivere più per noi stessi, di non considerarci più importanti degli altri, ma di seguire Colui che “è venuto non per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Dunque la vera gioia non ci chiude in noi stessi, non ci isola dal mondo circostante. Al contrario, ci apre agli altri e ci spinge ad andare incontro a chi è più debole, ci rende più vicini gli uni agli altri abbattendo barriere e vincendo pregiudizi. È la scelta che abbiamo fatto anche noi tracciando gli Orientamenti Pastorali della nostra Chiesa diocesana per i prossimi anni: l’impegno a vivere “la gioia del Vangelo nella compagnia degli uomini”!

       L’orizzonte che si dischiude è sconfinato ed esige un capovolgimento di prospettiva nelle nostre scelte personali e pastorali. Lo avvertite molto bene in modo particolare Voi, carissimi confratelli presbiteri: il ministero che vi fa primi collaboratori del vescovo al servizio di tutto il Popolo di Dio pellegrino in questa splendida terra sorrentino-stabiese ci spinge oggi verso prospettive impegnative ed entusiasmanti. Non si tratta semplicemente di cambiare schema o strategia pastorale, ma di lasciarci provocare dalla concreta situazione in cui versa ogni persona che incontriamo sulla strada e a cui siamo mandati per stabilire autentiche relazioni fraterne. Ecco dunque la prima nota distintiva della compagnia degli uomini: la fraternità. Non è un semplice approccio da cambiare e neppure solo uno stile di vita da rinnovare. È molto di più. Nasce dalla fede in Dio Padre e si alimenta nell’incontro vivo con il Signore Gesù: il suo Spirito ci unisce più profondamente di quanto riusciamo a cogliere e ci trasforma in figli amati, nel vincolo stretto dell’unità e della comunione. Coltivare la fraternità pertanto significherà per noi rinunciare a ogni forma di potere che ci isola e assumere invece l’atteggiamento di chi si fa prossimo in tutta umiltà, consapevole della ricchezza che ogni persona nasconde in sé. Va poi incrementata in modo speciale la fraternità presbiterale con coraggio, trovando modalità concrete che favoriscano la conoscenza reciproca, la stima sincera, la condivisione di ciò che ci sta più a cuore. Uscire dalla solitudine che può prendere anche noi pastori: lo richiede la fedeltà alla missione ricevuta e la sua efficacia. Non bastiamo a noi stessi, non possiamo vedere nell’altro un estraneo o addirittura un concorrente, ma abbiamo bisogno di rapporti veri e profondi, che alimentino la nostra dimensione affettiva e sociale. Ci presentiamo dunque così nell’esercizio del nostro ministero: non come padroni della fede dei fratelli ma come collaboratori della gioia di tutti!

       Altro requisito indispensabile per testimoniare la gioia del Vangelo nella compagnia degli uomini è l’opzione preferenziale per i poveri. Poveri, prigionieri, ciechi, oppressi: non sono semplicemente i destinatari della missione profetica, ma diventano con Gesù protagonisti di una storia di riscatto, di liberazione, di vita nuova. E ancora mi rivolgo in modo particolare a ciascuno di Voi, posti come presbiteri uniti al vescovo per guidare con l’esempio della vita il cammino della Chiesa diocesana. Il povero infastidisce perché provoca, disturba la nostra quiete, sconvolge i nostri programmi. Se resta un estraneo, potrà al massimo commuoverci e spingerci a una buona azione. Ma non è così che il Signore ha amato i poveri: si è fatto una sola cosa con loro, povero tra i poveri, fino a non avere “dove posare il capo”. Pubblicani e prostitute hanno trovato in lui un vero amico, pronto ad accoglierli sempre e a ridare speranza senza mai tirarsi indietro. Cosa vorrà dire per noi ministri del Vangelo testimoniare che Cristo è la nostra unica ricchezza? Come potremo essere di nuovo credibili dinanzi a una società che è diventata diffidente e persino scettica, per i cattivi esempi che tante volte ha ricevuto? Solo l’amore è credibile! Ne facciamo esperienza ogni giorno quando ci lasciamo toccare nell’intimo dal grido più o meno consapevole di ragazzi di strada, di giovani senza lavoro, di famiglie ferite, di tante persone che hanno perso la dignità a causa del gioco, di anziani lasciati soli, di gente smarrita e priva di punti di riferimento… L’elenco potrebbe continuare ricordando tutti quelli che sperimentano il rifiuto, il pregiudizio, l’abbandono, la terribile sensazione di essere stati scartati perché inutili. Ecco la via da percorrere per un autentico risveglio missionario delle nostre comunità: stiamo da poveri accanto ai poveri, riconoscendo e apprezzando la loro ricchezza, facendoci aiutare da loro a ritrovare il gusto della condivisione nella reciprocità. Ciò comporta la rinuncia a ogni forma di privilegio economico e sociale, il superamento della sottile tentazione dell’imborghesimento, l’uscita coraggiosa e definitiva da ogni forma di clericalismo che contraddice radicalmente il Vangelo che annunciamo. Sì, siamo chiamati a stare dalla parte dei poveri insieme a Cristo, anche quando questa scelta dovesse costarci l’ultimo posto. Saremo veramente felici solo se tutto il Popolo che Dio ci ha affidato potrà essere nella pace e nella gioia camminando insieme, trovando in noi degli autentici compagni di viaggio che cercano di accogliere e far crescere “la gioia del Vangelo nella compagnia degli uomini”!

       Penso anche a Voi, carissimi fratelli e sorelle che qui stasera rappresentate tutte le comunità della nostra Chiesa diocesana: parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti, famiglie religiose. Apritevi con entusiasmo al dono della comunione, scegliendo ogni giorno di proseguire il cammino sulla via della partecipazione e della corresponsabilità. Annunceremo il Vangelo solo se sapremo farci prossimi di ogni persona che incontriamo, riconoscendo un nostro fratello e una nostra sorella in chiunque abita il nostro territorio o bussa alla porta delle sue città o fa sentire anche da lontano il suo disperato bisogno di aiuto. Non abbiamo paura di accogliere, stabilendo relazioni vere e aprendoci al dono che l’altro è sempre per me. Vinciamo i pregiudizi che ci bloccano dinanzi a ogni esperienza di diversità. Andiamo incontro a tutti, impariamo a dialogare nel rispetto e nel desiderio di conoscere, costruiamo comunità aperte all’inclusione e all’integrazione. In modo particolare Voi, amatissimi consacrati e consacrate, mettete a disposizione di tutto il Popolo di Dio il vostro carisma e offriteci la testimonianza della vita fraterna come via privilegiata per rendere lode al Padre e vivere da figli suoi, nella gioia che può renderci finalmente una sola famiglia!

       Vorrei infine rivolgermi a tutti i giovani, quelli che già hanno incontrato Cristo e quelli, ancor più numerosi, che pur avendolo conosciuto almeno da bambini ora si tengono in qualche modo lontani da Lui. A ognuno di Voi dico, con Papa Francesco: “Cristo vive… Lui vive e ti vuole vivo!” (ChV 1). Siate protagonisti della vostra vita, artefici di rapporti nuovi improntati alla solidarietà e all’amicizia. Sarete Voi a rinnovare anche la nostra Chiesa, che oggi forse vi fa problema per le sue lentezze e contraddizioni. Molto volentieri perciò faccio mio il desiderio con cui il Papa termina l’esortazione che Vi ha appena rivolto, a conclusione del Sinodo a Voi dedicato: “Cari giovani, sarò felice di vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso… La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci” (ChV 299). Si, aspettateci e Lo incontreremo insieme, Lo testimonieremo insieme, Lo ameremo insieme nei più poveri perché nessuno si senta mai solo!

       Nella piccola sinagoga di Nazaret l’intervento di Gesù provocò quel sabato reazioni forti, dal facile entusiasmo iniziale al rifiuto violento e irrazionale. La sua Parola, risuonata solennemente oggi in questa santa assemblea, non ci trovi chiusi o indifferenti ma susciti in noi sentimenti autentici di fede e di speranza. Ci rafforzi e ci incoraggi nel cammino che abbiamo insieme intrapreso con entusiasmo e trepidazione, sotto la guida dello Spirito. Accompagni il nostro viaggio di pellegrini dell’Assoluto e ci consenta di gridare a tutti con la testimonianza della nostra vita buona e bella

“LA GIOIA DEL VANGELO NELLA COMPAGNIA DEGLI UOMINI”!

AMEN!