Omelia per l’apertura della fase diocesana del Sinodo

17-10-2021

Cattedrale di Sorrento

 17 ottobre 2021

XXIX domenica del Tempo ordinario

Omelia per l’apertura della fase diocesana del Sinodo

          Cari amici,

la parola del Signore risuona forte al centro di questa Liturgia Eucaristica, con la quale diamo inizio alla fase diocesana del Sinodo dei vescovi convocato a Roma per il 2023. Siamo chiamati a dare il nostro contributo, piccolo ma prezioso, insieme a tutte le Chiese del mondo. Così Papa Francesco ha voluto mettere in moto un processo che va ben oltre la pur doverosa esigenza della consultazione: tutto il Popolo di Dio è chiamato a partecipare alla vita della Chiesa, in virtù del battesimo che rende ogni discepolo di Cristo responsabile della crescita della comunità ecclesiale nella comunione e nella missione. Ascoltiamo pertanto tutti insieme questa parola del Vangelo che oggi viene deposta nei nostri cuori, perché possa guidare il nostro itinerario sinodale: “Tra voi però non è così” (Mc 10, 43a). La accogliamo con stupore e gratitudine, ricordando il cammino pastorale condiviso in questi anni e avviato a un anno dal mio ingresso in diocesi proprio alla luce della stessa pagina evangelica.

Gesù ha annunciato ai Dodici ciò che lo aspetta a Gerusalemme: “il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà” (Mc 9, 33b-34). Quanta fatica però nel seguirlo sulla via della croce! Confessiamolo apertamente: anche noi facciamo resistenza, è una logica che appare lontana dal nostro modo comune di pensare e di agire da cristiani. La richiesta dei figli di Zebedeo non è tanto diversa dalle nostre attese: ricerca dei primi posti, competizione, seduzione del potere e affermazione personale. Anche la reazione degli altri dieci smaschera i nostri sentimenti e chiama per nome certi sentimenti nascosti che condizionano i rapporti tra di noi. Ci sembra esagerata l’indignazione del gruppo, del tutto spropositata. Eppure capita anche a noi di ripetere tante volte lo stesso errore: ci costa gioire del bene altrui, restiamo indispettiti o diffidenti dinanzi a ciò che non nasce da noi, pensiamo di dover essere sempre al centro di ogni iniziativa pastorale e di poter rispondere a tutte le esigenze della comunità se pure non da soli ma relegando gli altri a meri collaboratori dei nostri progetti. Quanto abbiamo bisogno della correzione del Maestro, del suo intervento autorevole! Ci riporta alla verità di noi stessi, suoi discepoli, tutti in cammino dietro a Lui che continua a ripeterci con autorità: “Tra voi però non è così”.

“Chiesa e Sinodo sono sinonimi”. L’affermazione di San Giovanni Crisostomo, oggi abbondantemente ripresa e citata, ci sorprende a causa di una prassi che ha alquanto oscurato la fondamentale uguaglianza di tutti i battezzati a vantaggio di una accentuata differenziazione gerarchica. Non si tratta ovviamente di annullare le diversità dei carismi e di fare a meno del ministero ordinato, indispensabile servizio per l’unità. Ma occorre recuperare con coraggio una dimensione costitutiva della nostra esperienza di fede, come ha insegnato il Concilio Vaticano II: apparteniamo tutti a Cristo, siamo membra del suo Corpo, partecipiamo a pieno titolo alla missione della Chiesa di cui siamo egualmente responsabili. Ecco l’avvertimento forte di Gesù, che chiede ai Dodici di non assumere la logica mondana del potere. Non possono esserci nella sua comunità differenze sostanziali tra superiori e subalterni, tra dominatori e sudditi, tra chi sta in alto e chi sta in basso. Ogni volta che nella prassi pastorale alcuni decidono da soli tradiscono il mandato ricevuto. Ci allontaniamo dallo stile evangelico quando riduciamo la missione della Chiesa ad affare di pochi. Il rischio è sottile ma grave: escludere alcuni, pochi o molti non importa, significa cedere alla tentazione del dominio fino all’oppressione delle coscienze. “Tra voi però non è così”!

Scendiamo un po’ più nel concreto, come fa Gesù con i discepoli invitandoli a guardarsi dentro. Solo così infatti possono nascere rapporti nuovi, capaci di accogliere e valorizzare ogni membro del gruppo. “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore” (Mc 10, 43b). Sorprende questa massima. La legge che deve regolare le relazioni nella comunità non ignora i desideri dei singoli. Anzi li valorizza. È giusto aspirare a qualcosa di grande. È buona cosa coltivare ambizioni e puntare in alto. Ma mai a scapito degli altri. In nessun caso è ammesso lo sgambetto. Non si può scavalcare il fratello e tantomeno utilizzarlo, servendosene per raggiungere i propri obiettivi e neppure quelli ecclesiali. Il criterio evangelico è esigente, non lo nascondiamo. Capovolge completamente il nostro modo di rapportarci agli altri: farsi servo! Cioè permettere all’altro di essere riconosciuto, accolto, amato. Solo in tal modo si fa esperienza della vera grandezza, che non lascia nessuno indietro ma condivide con ognuno la gioia della comunione. È grande infatti solo colui che serve!

Tra l’ideale, che affascina pur apparendo lontano, e la realtà, che si presenta di tutt’altra natura, sembra esserci un abisso. Non bastano le numerose ed edificanti testimonianze di servizio, che pure ci incoraggiano a proseguire nel cammino. Il Signore chiede molto di più alla sua Chiesa. Occorre che tale stile diventi scelta comune, praticata da tutti. La consegna del Maestro è chiarissima: “chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10, 44). Siamo giunti al paradosso, contro il quale urta immediatamente la nostra sensibilità. Il primo non può farsi schiavo, se non a prezzo della rinuncia alla sua libertà. Accettare o addirittura cercare l’ultimo posto, perché nessuno si senta escluso o rifiutato: solo l’amore può arrivare a tanto! Impariamo da Gesù, nutriamo tra di noi i suoi stessi sentimenti, scegliamo anche noi la logica pasquale e proviamo a viverla insieme: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).

Carissimi fratelli e sorelle, questa è la Chiesa! E lo Spirito continua a plasmarla, a renderla bella, nonostante le sue macchie, perché a tutti sia offerta la possibilità di fare esperienza dell’amore del Padre. Usciamo allora dai nostri angusti schemi, abbandoniamo le prospettive così riduttive e imbrigliate nel deleterio principio del “si è fatto sempre così”. Il Sinodo che oggi apriamo anche nella nostra Chiesa diocesana ci faccia avvertire la gioia della comunione, uniti al Popolo di Dio sparso su tutta la terra. Si tratta dell’evento più significativo dopo il Concilio, come hanno sottolineato autorevoli teologi. Non ci lasciamo scoraggiare dalla proposta così entusiasmante e impegnativa di metterci in ascolto di tutti i battezzati, anche di quelli che non partecipano alla vita delle nostre comunità o che sono in aperta contestazione delle nostre scelte. Sappiamo bene che non sarà facile, perché dovremo vincere tante resistenze e superare numerosi ostacoli, cambiando prospettiva e aprendoci a sorprese che potrebbero persino imbarazzarci. Ma non è questa la “conversione pastorale” a lungo oramai invocata e auspicata anche da tutti noi?

Rispondiamo così alle sfide del nostro tempo, con grande speranza. Rimettiamoci tutti in cammino, con pazienza e fiducia. Riscopriamo le vie della missione, non da conquistatori spavaldi ma da compagni di viaggio umili e gioiosi. Avviciniamoci ai fratelli e alle sorelle che percorrono vie diverse dalle nostre, non per giudicarli ma per ascoltare quanto portano nel cuore e insieme fare un tratto di strada verso la Verità, Cristo Gesù. Questa prima tappa del Sinodo della Chiesa universale sarà breve ma intensa. Ci aiuterà a recuperare il gusto dell’impegno, nell’amicizia e nella fraternità. “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Allenati in questo esercizio di sinodalità potremo proseguire sulle strade che lo Spirito ci indicherà per il “Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia”. Saranno anni di ascolto e di confronto, di lettura narrativa e sapienziale della nostra realtà, per un annuncio profetico del Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Si apre un tempo speciale, dove tutti ci mettiamo alla scuola dello Spirito!

Amici carissimi,

presbiteri e diaconi, consacrati e fedeli laici, buon cammino!

Membri del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano, dei Consigli delle Unità Pastorali e della Consulta delle Aggregazioni Laicali: sentiamoci tutti coinvolti in questa straordinaria avventura dalla quale non attendiamo altro che diventare un po’ più simili a Cristo Gesù, il Servo del Signore, per condividere con ogni uomo e ogni donna

la gioia del Vangelo nella compagnia degli uomini!

AMEN!