Dal Diario di don Franco Alfano

Dal Diario di Don Franco Alfano – Lunedì 28 gennaio 2013
La visita ad limina è iniziata già ieri sera, con l’incontro tra noi vescovi: è sempre bello ritrovarsi insieme, ancor più quando si condivide la gioia del servizio alla Chiesa come pastori… Uno scambio di battute, qualche confidenza, quattro passi in piazza San Pietro con gli amici. Sono stato molto contento di potermi fermare a lungo, nonostante un po’ di stanchezza, con il mio successore a Sant’Angelo dei Lombardi: don Pasquale è mio compagno di seminario fin dagli anni di liceo e il legame di amicizia che ci unisce è sincero e profondo! Ci siamo raccontati a vicenda quanto il Signore sta operando in noi e nelle Chiese in cui ci ha posti come segno di unità e strumento di comunione.
Sono andato a letto, dopo aver ringraziato il Signore per i tanti doni ricevuti nel Giorno a Lui consacrato, avendo tra le mani il fascicolo che i giovani hanno preparato e che consegnerò personalmente al Papa a nome loro: quanta speranza nelle loro parole e nei loro cuori! Possiamo guardare avanti senza lasciarci intimorire dal futuro che resta senz’altro difficile e oscuro, ma che può riservare sorprese inimmaginabili. Sapremo ascoltare le nuove generazioni e apprezzare tutto ciò che di buono e di grande nascondono nelle loro storie?
Sono le domande che mi spingono ad andare con trepidazione e gioia profonda all’incontro con Pietro: il suo incoraggiamento e la conferma tanto necessaria per il nostro cammino di fede ci permetteranno di seguire Gesù con fedeltà e di servire i fratelli con l’umile consapevolezza di essere stati chiamati a costruire insieme un mondo nuovo, quello che il Padre ha preparato per noi e che tutti i figli hanno diritto di abitare nella pace!
 
Dal Diario di Don Franco Alfano – Martedì 29 gennaio 2013
Giornate intense quelle che stiamo vivendo qui a Roma, in compagnia dei vescovi campani e di tanti che ci seguono attraverso il sito della diocesi… Sono contento che questo servizio stia prendendo quota, dopo i primi tentativi dettati dall’incertezza ma anche dalla volontà di impegnare le migliori energie nel campo della comunicazione! Il Signore mi ha risposto ben presto, andando oltre ogni aspettativa: Lui fa sempre così, sorprendendo e stravolgendo le nostre attese.
Mi sono accanto, infatti, in questo settore tanto importante e oggi addirittura decisivo, due persone che considero un grande dono di Dio: Gigliola e Mimmo hanno alle spalle una forte esperienza ecclesiale, una profonda sensibilità e una gran voglia di impegnarsi, ma sono anche dotati di una competenza professionale più che soddisfacente. Insomma, sono stato ancora una volta esaudito molto più di quanto potessi sperare. E così stiamo vivendo questi giorni “romani” come una vera e propria iniziazione, l’ufficializzazione dell’incarico che con gioia ho da poco loro affidato. Non posso che ringraziare il Signore, che continua a guidare i miei passi e a indicarmi la strada, ma anche a mettermi accanto le persone giuste con le quali condividere la gioia dell’amicizia e la passione del servizio per l’edificazione della comunità!
Sembrano piccole cose, quasi insignificanti. In effetti non è così: avverto con trepidazione e gratitudine di essere sostenuto nel ministero, quanto più mi apro agli altri con fiducia e mi lascio condurre dallo Spirito attraverso eventi e persone. Anche questo è un frutto di questa visita ad limina: la comunione si fa concreta e forte, giorno dopo giorno, mentre il mio cuore si rende disponibile ad accogliere un “popolo numeroso” che sto imparando ad amare… Anzi, devo essere sincero: lo sento già mio e, nonostante ancora non lo conosca bene, me ne sono profondamente innamorato!
 
Dal Diario di Don Franco Alfano – Mercoledì 30 gennaio 2013
Ieri sera in piazza San Pietro i miei occhi sono caduti su di uno spettacolo che mi ha sconvolto e fortemente interrogato. Ero andato lì per il presepe che ancora è esposto al centro della piazza, davanti all’obelisco: una realizzazione molto particolare, che riproduce uno scorcio della città di Matera così caratteristica per i suoi sassi. Aspettavo che arrivassero gli amici con i quali stiamo vivendo queste intense giornate romane e che mi aiutano nell’informazione alla diocesi di tutta visita. Mi si è presentato davanti allo sguardo del cuore lo stesso scenario della sera precedente, che già tanto mi aveva turbato: i barboni!
Quanti ce n’erano: di ogni età, alcuni piuttosto giovani. Ognuno aveva la sua busta della spazzatura, che gli fungeva da valigia o forse meglio da guardaroba. Infatti pian piano hanno tirato fuori le coperte per la notte, che certo non sarà stata facile visto il clima invernale piuttosto rigido. Stavano mangiando, a gruppetti o qualcuno anche da solo. Due piccole suore passavano da una postazione all’altra di via della Conciliazione, offrendo non solo qualcosa da mangiare ma una parola e un sorriso. Un po’ alla volta ciascuno ha raggiunto la sua dimora, lì per terra: sembrava che fossero tornati tutti nella propria casa, dove li aspettava il calore di un mondo fatto di sogni e fantasie necessarie per combattere la terribile solitudine che li avvolge totalmente, notte e giorno.
Quanti sentimenti contrastanti dentro di me in quel momento… Una società che accetta o forse ignora tale problema come può dirsi civile? E una Chiesa che non si dà da fare per eliminare una piaga così disumana come può ancora annunciare il Vangelo con la pretesa di essere ascoltata e presa sul serio? I miei occhi, che non riuscivano a nascondere il tumulto dell’animo, si sono all’improvviso rivolti verso l’alto: le luci dello studio del Papa mi hanno aiutato nella preghiera, con la fiduciosa speranza che il mondo potrà cambiare e anche la Chiesa! Ho cominciato a sognare, così come la preghiera consente di fare quando è guidata dallo Spirito e fa vedere lontano: non più persone lasciate sole, non più strutture ecclesiastiche abbandonate o trasformate in alberghi lussuosi, non più celebrazioni solenni con incenso che sale in alto mentre la povera gente muore nell’indifferenza generale.
Il volo di un gabbiano che si avvicinava alla croce in cima all’obelisco mi ha riportato alla realtà. Riusciremo a rendere questo mondo più giusto e fraterno, come Cristo ci ha mostrato dall’alto della croce facendosi ultimo tra gli ultimi? La preghiera si fa impegno concreto. Nell’abbraccio con Pietro accoglierò il dono del Signore e gli chiederò il coraggio di amare Lui in tutti i fratelli che ancora non riesco a “vedere” con gli occhi del cuore!
 
Dal Diario di Don Franco Alfano – Giovedì 31 gennaio 2013
Tra qualche ora incontrerò il Papa insieme ad altri vescovi della Campania, secondo un turno che è stato stabilito dalla Casa Pontificia e che ci consentirà di dialogare con lui in gruppo. Nel mio cuore ci sono tanti sentimenti contrastanti, dall’emozione alla gioia, dalla trepidazione alla responsabilità, dall’attesa alla speranza. In questi ultimi giorni ho ricevuto da molte persone messaggi da portare al Santo Padre; altre mi hanno comunicato il loro desiderio di essere spiritualmente presenti all’udienza. Sono contento di questa partecipazione corale, che ha coinvolto preti e laici. Mi sento in questo momento veramente rappresentante di un’intera comunità che mi chiede di essere portata con sé in questa esperienza speciale di grazia.
A Papa Benedetto descriverò la bellezza di questa terra e della sua gente, racconterò la storia di questa Chiesa ricca di santità e di iniziative pastorali, parlerò dei preti, numerosi e appassionati, del piccolo gruppo dei diaconi e delle loro famiglie, dei religiosi e delle tantissime religiose, delle comunità parrocchiali e delle associazioni, dei giovani con il loro desiderio di costruire un futuro nuovo e bello, dei lavoratori che vivono un momento particolarmente difficile e oscuro. So bene che non riuscirò a dirgli tutto, ma non importa. Ciò che conta è che nelle mie parole risuoni la forza della fede di questa gente che sta entrando nel mio animo con insistenza e determinazione. Questo è il compito di un vescovo, la missione che riceve con l’ordinazione: essere una sola cosa con il suo popolo e riconoscere che tutti quelli che gli sono affidati non sono suoi, non gli appartengono. Voglio restare un servo, un povero servo che cerca di essere fedele al mandato ricevuto e che non ha paura di presentarsi come un innamorato folle di Cristo! L’amore per la sua Chiesa dà senso alla mia vita e mi spinge ad affrontare anche le non poche difficoltà che a volte sembrano insuperabili. Tutto ciò vorrò dire al Papa, ma non potrò: mi basterà accogliere la sua benedizione, guardarlo negli occhi e parlargli con il cuore, sentire nel silenzio la voce dello Spirito. Sarà senz’altro una forte esperienza di Chiesa. Perché la mia fede cresca e possa confermare anche i miei fratelli e le mie sorelle. È la missione che Gesù ha affidato a Pietro. Ed è per questo che oggi sono qui, insieme alla “mia” Chiesa: per “vedere Pietro”!