Don Michele Di Martino: “Impariamo ad essere custodi della memoria e del sapere stare insieme”

L'intervista del parroco alla vigilia dei 50 anni dalla frana del Monte San Costanzo

“Esiste un rapporto viscerale tra i terminesi ed il santo patrono Costanzo, che sovrasta con la sua cappella, dalla sommità del Monte, la popolazione. Abito la comunità di Termini, come parroco, oramai da 7 anni, so bene cosa vuol dire per gli abitanti alzare ogni giorno gli occhi verso un monte che rimanda echi di bellezza e tristezza. È necessario guardare avanti, farlo insieme, senza però dimenticare quello che è stato” – le parole del parroco don Michele Di Martino, alla vigilia dei ‘50 anni dalla frana del Monte San Costanzo, in località Mitigliano a Massa Lubrense.

Quando il monte franò, il pastore della comunità era Don Salvatore Castellano, le due diocesi, quelle di Sorrento e Castellammare di Stabia, erano ancora divise. Le esequie officiate da Mons. Pellecchia si tennero qualche giorno dopo l’accaduto, per consentire il ritrovamento di tutti i dispersi.

Da allora, il territorio massese ha subito importanti cambiamenti sociologici e culturali; ai contadini e agli allevatori di bestiame, si sono sostituiti gli addetti alla ristorazione, alla navigazione e al turismo.

“Dieci anni prima della tragedia di San Costanzo, anche la comunità di Nerano venne colpita da una frana, di altra entità, per fortuna non vi furono morti. La memoria ci deve portare a diventare attenti e allo stesso tempo custodi di questa bellezza pur sapendo che è fragile, è questo il compito della chiesa diocesana” – continua il parroco.

La popolazione di Termini vive nel ricordo continuo, attraverso i racconti di chi quei momenti li ha vissuti. Come quello di Enrico Gargiulo, 87 anni, salvatosi per miracolo, oggi vive con la sua famiglia, è un non vedente e si dedica alla realizzazione di cesti di vimini. I coraggiosi volontari, che ne febbraio del ’73 soccorsero le famiglie in difficoltà, sono testimoni di quanto è accaduto per le giovani generazioni.

“Diverse sono le azioni che come comunità di Termini e Nerano stiamo promuovendo per salvaguardare non soltanto la memoria di chi ci ha lasciati, ma anche i tesori del nostro territorio. In primis nelle scuole, con i giovani, grazie alla collaborazione del Comune e degli insegnanti, quel gruppo di volontari, oggi racconta nelle classi l’importanza della storia e la possibilità di ricominciare. Ci assumiamo inoltre l’impegno di curare la pineta di Nerano, una magnifica area pic-nic realizzata dopo la frana da tempo abbandonata a se stessa”.

Ma la memoria di cui dobbiamo essere custodi, riguarda anche il saper stare insieme, il saper prendersi cura dell’altro.

“Domenica 26 febbraio, un gruppo di volontari di Termini, insieme allo chef Saverio Gargiulo, cucinerà e servirà la sala, in occasione del pranzo solidale presso Parrocchia del Carmine di Castellammare con Don Luigi Milano. La solidarietà che dobbiamo costruire va ben oltre la condivisione di un pasto. È necessario prendersi cura delle fragilità e delle solitudini altrui. Dobbiamo essere segno di una comunità che impara a stare insieme non solamente nella tragedia ma anche nella gioia della condivisione. Facciamo memoria anche di momenti felici”

I prossimi appuntamenti.

Mercoledì 15 alle ore 15:30 escursione-pellegrinaggio da Termini a Santa Maria della Neve, raduno nel cimitero comunale alla presenza dell’arcivescovo di Sorrento-Castellammare, monsignor Francesco Alfano, con la benedizione della lapide sulla tomba delle vittime e la deposizione di corona di fiori da parte del sindaco Lorenzo Balducelli.
Giovedì 16 alle ore 15:30, raduno nella piazza di Termini, corteo verso Mitigliano e sosta di preghiera presso la lapide marmorea con benedizione dei luoghi della frana. Al rientro, presso la chiesa dei Legionari di Cristo commemorazione da parte delle autorità civili e religiose. Seguirà proiezione di filmati d’epoca e di un video con le testimonianze della tragedia. A conclusione della manifestazione, verranno letti i versi della poesia «Il pianto di Termini» del sacerdote Alfredo Ammendola.

di Clelia Esposito