Unità pastorale di Gragnano, il coinvolgimento delle famiglie nella catechesi

Martedì 7 febbraio, ancora un altro passo nel nostro cammino, questa volta per avere risposta alle tante domande che riguardano il dialogo con le famiglie dei nostri ragazzi, nella consapevolezza che la nostra catechesi non può essere rivolta solo ai bambini, sarebbe una catechesi perdente, come ha sottolineato don Salvatore Iaccarino, introducendo l’incontro; la nostra deve essere una catechesi alle famiglie perché sono proprio le famiglie che dobbiamo accompagnare a scoprire il grande tesoro che noi abbiamo conosciuto, che portiamo nel cuore e che si chiama Vangelo, perché per tante famiglie che vivono un tempo di fragilità, di disorientamento o di sofferenza, serve una buona notizia, una notizia di speranza, e serve una speranza di resurrezione.

Ci sono tante situazioni difficili, a volte anche tragiche, alcune le abbiamo vissute, alcune di noi portano dei pesi forti… come possiamo essere, in questo contesto, catechiste autentiche e credibili? Come il nostro operato può essere efficace? Come possiamo avere occhi e orecchi ancora più attenti per incontrare le famiglie del nostro territorio e a queste famiglie raccontare il Vangelo?

Ci hanno accompagnato in questa ricerca due esperte, la dott.sa Margherita Attanasio, psicologa, e la dott.sa Antonella Schettino, assistente sociale, che operano sul nostro territorio, e di cui abbiamo apprezzato la chiarezza nel fotografare la realtà delle famiglie di oggi, in un contesto che loro ben conoscono per il lavoro che svolgono con responsabilità e passione.

Dalle loro parole abbiamo dovuto prendere atto che la situazione dei ragazzi e delle famiglie è, forse, ancora più difficile di quello che pensavamo e che, sicuramente, non può essere ignorata da noi, che abbiamo il dono ma anche la responsabilità di incontrare tante famiglie, se realmente vogliamo che la comunità ecclesiale, che è famiglia delle famiglie, come ci ha ricordato don Aniello Pignataro, possa essere Vangelo incarnato sul territorio.

Gli incontri autentici e produttivi non sono mai esaustivi perché fanno nascere altre domande e il tempo è sempre troppo poco per argomenti così vasti e di vitale importanza, per cui sarà necessario programmare un seguito a questo primo incontro.

Abbiamo ancora tanto da imparare per “prenderci cura” dei ragazzi e delle loro famiglie nel modo giusto e secondo la “pedagogia di Gesù”.

Certamente di questo incontro ci rimane tanto nella mente e nel cuore: innanzitutto l’importanza di metterci in ascolto dei bambini e degli adulti, dei piccoli, dei fragili, di quelli che abbassano lo sguardo per non vedere, di quelli che, in un silenzio assordante, dicono tante parole, che, forse, sentiamo solo quando è troppo tardi.

Sta a noi essere occhi e orecchi per guardare ed ascoltare, sta a noi parlare il linguaggio del cuore, sta a noi nutrire relazioni, creare ponti, aprire l’orizzonte della speranza ai cuori sfiduciati…

E’ una scommessa persa in partenza? No, è una sfida che possiamo vincere solo con l’Amore, che poi è l’unica cosa che ci chiede quel Vangelo che abbiamo la pretesa di annunciare, e possiamo vincere solo guardando in alto.

A questo proposito ricordiamo quanto ci ha detto la dott.sa Margherita, citando Janusz Korczak, pedagogista, scrittore e medico polacco, di origine ebrea, vittima della Shoah:

Mi dici: è faticoso frequentare i bambini. Hai ragione. Aggiungi: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, scendere, piegarsi, farsi piccoli. Ti sbagli. Non è questo l’aspetto più faticoso. E’ piuttosto il fatto di essere costretti a elevarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Di stiracchiarsi, allungarsi sulle punte dei piedi, per non ferirli”.