Dalle carte custodite nell’Archivio Storico Diocesano di Sorrento e precisamente dal fondo della ex diocesi di Vico Equense, è emersa una significativa testimonianza circa la diffidenza popolare nei confronti dei vaccini e sull’impegno comune dello Stato e della Chiesa per convincere la popolazione sulla loro bontà e sulla loro necessità per vincere le epidemie.
Si tratta di una lettera del tre gennaio 1818 del Ministero degli Affari Ecclesiastici del Regno delle Due Sicilie indirizzata al Vicario Capitolare della diocesi di Vico, vacante dal 1799 per la morte violenta del suo ultimo vescovo mons. Michele Natale. Nella lettera, si invitava il Vicario a farsi promotore presso i parroci e tutti i sacerdoti affinchè dall’altare convincessero i fedeli a vaccinarsi contro il vaiolo, ammonendoli anche delle conseguenze che avrebbe comportato un agire contrario.
Eccone il testo, fedelmente trascritto:
Napoli 3 gennaio 1818
Sig.r Vicario,
il Ministro degli Affari Interni in seguito dè riscontri della Commissione Centrale di Vaccinazione mi ha fatto conoscere, che l’epidemia del Vajuolo, da giorno in giorno si propaga e nella Capitale, ed in tutta la Provincia di Napoli: il che prova, di non essersi ivi adoperata l’inoculazione vaccina, preservativo sicuro, quanto innocente, di questo morbo distruttore.
Per lo bene non meno delle particolari famiglie, che dello stato, interessato alla distruzione di un male, primario ostacolo ai progressi della popolazione, La incarico, di far predicare dai Parrochi e da altri Ministri dell’Altare l’Importanza della vaccinazione, e le conseguenze nel trascurarsi. Avranno essi cura di combattere i pregiudizi, che si sono elevati contro una così salutare scoverta: e faran comprendere quanto sieno colpevoli li Padri di famiglia principalmente, non usando a tempo di un rimedio, che la Provvidenza ha opposto a un sì gran male.
Il Segretario di Stato, Ministro degli Affari Ecclesiastici M(archese) Tommasi.
Sul risvolto della lettera una nota, probabilmente di mano del Vicario Capitolare di Vico che all’epoca era don Vincenzo Starace:
Si deve predicare dai Parrochi, e da altri Ministri dell’Altare l’importanza della vaccinazione, e le cattive conseguenze nel trascurarsi.
E, più sotto si legge:
L’occhè si è eseguito.
Il marchese Donato Antonio Tommasi, fimatario della lettera, fu Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti del Regno delle Due Sicilie dal 1815 al 1820 e poi ancora dal 1822 alla morte, avvenuta a Napoli nel 1831. Era nato a Calimera, in provincia di Lecce, nel 1761, figlio di medico, ed aveva studiato giurisprudenza divenendo uno dei più accreditati giuristi dell’epoca. Amico ed estimatore di Gaetano Filangieri, morto nel palazzo baronale di Vico nel luglio del 1788 e sepolto nella cattedrale, ne curò l’opera e ne fu biografo pubblicando nel 1789 un Elogio di Gaetano Filangieri. Aderì alla Massoneria napoletana, dove certamente conobbe anche Mons. Natale e, come ministro dei Culti, ebbe una parte notevole nel preparare il concordato tra la Santa Sede ed il Regno delle Due Sicilie che ebbe come frutto anche la revisione dell’organizzazione ecclesiastica e la soppressione di molteplici piccole diocesi, tra cui quella di Vico Equense, avvenuta con la bolla pontificia De Utiliori del 27 giugno 1818.
Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale che può portare alla morte; i soggetti colpiti sviluppano febbre, cefalea, dolori ossei e malessere generale e, a livello della cute, si manifesta con vescicole piene di liquido e successive cicatrici su tutto il corpo che deturpano notevolmente il viso; il nome deriva dalla tarda latinità Variola e significa appunto macchiato, chiazzato. Il morbo è conosciuto fin dall’antichità e nel corso della storia ha provocato milioni di morti; tracce di vaiolo sono state rilevate anche sulla mummia del faraone Ramses V. Nel 1979 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato eradicato il vaiolo grazie ad una massiccia campagna vaccinale.
Il primo vaccino contro il vaiolo fu sperimentato dal medico inglese Edward Jenner nel 1798 che aveva notato come le mungitrici infettate dal vaiolo bovino in seguito non sviluppavano più la malattia; il termine vaccino deriva appunto da vacca ed inizialmente fu riservato solo al vaiolo. Nel 1881 Louis Pasteur propose di onorare la scoperta di Jenner utilizzando il termine per tutte le procedure simili.
Nel Regno di Napoli, divenuto Regno delle Due Sicilie dopo il 1815, la vaccinazione antivaiolo fu accolta entusiasticamente ed il re Ferdinando IV, divenuto Ferdinando I delle Due Sicilie dopo la restaurazione e tanto vituperato dalla retorica risorgimentale, fu convinto assertore e promotore di una massiccia campagna vaccinale iniziata già nel 1801.
Anche allora non mancarono diffidenze e diserzioni nei confronti del vaccino e la lettera inviata dal marchese Tommasi, in cui si parla di prevenzioni, ne è la prova; in particolare pare che si fosse diffusa la voce che esso provocasse gravi effetti collaterali e addirittura che lo Stato intendesse sterminare i cittadini più poveri con una pulizia etnica. L’argomento è stato anche sviluppato recentemente da un articolo sul Mattino Vaccinazioni di Massa. Il modello Borbone a cura di docenti dell’Università di Napoli e di Siena.
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, riguardo a prevenzioni, diffidenze e diserzioni vaccinali; mutano i tempi e le vicende ma il guazzabuglio del cuore umano, per dirla alla Manzoni, è sempre lo stesso; conoscere le vicende del passato rende sereni per il presente e per l’avvenire e consente di orientarsi verso le scelte più giuste.
Don Pasquale Vanacore