Servizio Ecumenismo e Dialogo Interreligioso

Pietre vive di un sepolcro vuoto

“Come pellegrini al Santo Sepolcro”. È questo il titolo della mostra, che la nostra arcidiocesi ospiterà nella Concattedrale di Castellammare di Stabia durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’esposizione, frutto della collaborazione tra la Custodia di Terra Santa e l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, è composta da 14 pannelli, che accompagnano il visitatore attraverso un percorso fatto di storia, archeologia e fede. A inaugurare la rassegna, lunedì 17 gennaio, sarà Fra Sergio Galdi d’Aragona, Commissario Generale di Terra Santa a Napoli, al termine della Santa Messa.

Grazie a un ricco corredo di immagini e ricostruzioni di National Geographic, il viaggio parte dalle origini di Gerusalemme e dalla descrizione del Golgota e delle cave di pietra circostanti, che videro la morte e risurrezione del Cristo. Il cammino continua con la descrizione dell’evoluzione architettonica e artistica della basilica, costruita a protezione del Santo Sepolcro per volontà di Santa Elena, madre dell’imperatore Costantino. Il visitatore passa per le epoche romana, bizantina, crociata, islamica e ottomana. Fino ad arrivare ai giorni nostri e all’unicità del Santo Sepolcro quale luogo di pratica dell’ecumenismo, dove diverse comunità religiose, tra cui i francescani della Custodia di Terra Santa, si incontrano e vivono insieme la quotidianità, con le sue gioie e le sue cadute.

L’arrivo della mostra nella nostra terra, in questo primo mese del nuovo anno, non è casuale ed è stato organizzato dall’équipe ecumenismo e dialogo interreligioso, guidata da don Salvatore Iaccarino e fortemente voluta dal nostro arcivescovo, mons. Francesco Alfano. Gennaio è infatti il tempo in cui tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità, che è il volere di Cristo stesso. Dal 1968, il tema e i testi per la preghiera sono preparati dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, per ortodossi e protestanti, e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per i cattolici. Quest’anno, sono stati i cristiani del Medio Oriente a selezionare il materiale utile alla riflessione e alla preghiera. Essi hanno scelto, dal secondo capitolo del Vangelo di Matteo, il versetto “In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo” quale spunto di meditazione. È il riferimento all’episodio dei Magi che, da Paesi lontani e culture diverse, si mettono in viaggio per onorare Gesù, quel Re d’amore e speranza che, con la sua tomba vuota, ci ha aperto le porte della salvezza. Ed è proprio intorno a quel sepolcro santo che tutti i cristiani, al di là delle differenze e delle divisioni, si riconoscono discepoli di un unico Maestro e Salvatore.

L’esposizione “Come pellegrini al Santo Sepolcro” è occasione anche per ricordare la storia nobilissima, ma quasi sconosciuta, del legame tra Napoli e la terra dove il Verbo è venuto ad abitare in mezzo a noi. Furono infatti i sovrani partenopei Roberto d’Angiò e Sancia di Maiorca, nella prima metà del XIV secolo, ad acquistare il luogo sul Monte Sion, riconosciuto dalla tradizione come il Cenacolo, e a pagare i tributi affinché i frati francescani potessero celebrarvi le sacre liturgie. La necessità di sovvenire ai bisogni della missione a Gerusalemme spinse poi la Casa reale napoletana a istituire l’Opera Pia di Terra Santa, di cui il Commissariato Generale è erede, ponte sul Mediterraneo, che unisce ancora oggi la costa vesuviana e tutto il Meridione d’Italia a quella terra santa per cristiani, ebrei e musulmani.

La mostra ci chiama inoltre a non essere insensibili dinanzi al grido dei nostri fratelli che, tra crescenti difficoltà e innumerevoli sacrifici, abitano ancora nei luoghi di Gesù. Sono loro le “pietre vive” della Terra Santa, discendenti delle prime comunità cristiane e dei pellegrini che, nel corso dei secoli, hanno conservato e tramandato la fede in questa parte di mondo. Molte famiglie ogni anno lasciano la Terra Santa, in cerca di un avvenire migliore e più sicuro altrove. Eppure, senza di loro, rimarrebbero muti quei sassi, sui quali il Signore ha posato il suo sguardo. Resterebbero silenziosi quei posti, che per primi udirono l’annuncio della salvezza. La pandemia di Covid-19 ha impedito ad appassionati, viaggiatori e pellegrini di visitare i luoghi della fede cristiana, rendendo più difficile la vita di tante famiglie che, grazie ai turisti, avevano lavoro e sostentamento. Non dimentichiamoci dunque delle “pietre vive” di Terra Santa e non facciamo venire meno il nostro sostegno, secondo le modalità che lo Spirito ci suggerisce. Perché la Terra Santa senza cristiani è come la terra senza il sale.

di Giuseppe Manna
Équipe ecumenismo e dialogo interreligioso