Segno forte di comunione

Intervista al Vescovo sulla visita ad limina

 La settimana prossima il nostro Arcivescovo, mons. Francesco Alfano, sarà impegnato, insieme con gli altri vescovi campani, nella visita ad limina Apostolorum.
Gli chiediamo di spiegarci meglio il senso di questo appuntamento che si ripete ogni cinque anni.
Eccellenza, cos’è la visita ad limina?
“La visita ad limina è un segno forte di comunione tra la Chiesa locale e la Chiesa di Roma e il Vescovo di Roma, che ha il ministero di tenere unite tutte le Chiese. Quindi, il primo elemento della visita è la comunione che è fondamentale per la fede cristiana. Viviamo la fede come sequela del Signore attraverso la dimensione ecclesiale. Una Chiesa non è isolata dalle altre e non è semplicemente una Chiesa che stabilisce rapporti di collaborazione con le altre Chiese, piuttosto condivide la stessa fede e testimonia lo stesso Vangelo a tutti. Il Vescovo, che a nome della Chiesa incontra il Papa, rafforza questo vincolo”.
Perché la visita ad limina si compie insieme con i vescovi della stessa Regione ecclesiastica?
“Si esprime così, già a livello locale, questa solidarietà dei figli amati dal Padre, delle Chiese sorelle che costituiscono l’unica Chiesa di Cristo. Il frutto della visita ad limina, allora, è crescere nella comunione e nell’unità. Una Chiesa deve sentire sue le gioie e le esigenze di tutte le altre Chiese. Una Chiesa più cresce in questa relazione di comunione, più cresce nella sua fedeltà al Signore”.
La visita ad limina prevede, oltre all’incontro con il Papa, anche la visita alle Congregazioni: perché?
“Sono incontri di natura pastorale o amministrativa, in quanto il Papa, come Vescovo di Roma, ha il compito di accompagnare e seguire le Chiese. Queste ultime si preparano alla visita ad limina inviando una relazione su tutti gli aspetti della Chiesa locale. Negli incontri con le Congregazioni, dunque, si affrontano insieme a livello regionale quelle che sono problematiche comuni per avere una linea e anche per sentire dalle Congregazioni quelli che sono gli orientamenti generali e le indicazioni particolari. Il confronto con altre realtà può essere utile”.
Cosa rappresenta per la nostra diocesi la visita ad limina?
“Questa visita si colloca all’inizio del mio episcopato qui. Se c’è dal punto di vista personale lo svantaggio di non poter presentare al Papa e ai suoi collaboratori una relazione analitica, c’è però il vantaggio di essere sostenuti, benedetti, incoraggiati dal Papa in questo momento particolare. Già la nomina di un vescovo è segno della comunione e dell’affetto del Pontefice. L’incontro con lui significa, dal punto di vista morale, spirituale e anche pastorale, un forte invito ad andare avanti sulla pista nella quale mi sono inserito anch’io. Inoltre, porto a Benedetto XVI il lavoro del Sinodo, di una diocesi che si è messa in ascolto del Signore. Potrò dire al Papa che questa Chiesa, che ha ascoltato, si è consultata, ha pregato, ha preso delle decisioni di fondo per essere sacramento della salvezza oggi in questa terra, è pronta a fare i passi successivi. Vivere questo momento con la personale vicinanza con il Papa non è cosa da poco. Per me Vescovo e per la nostra Chiesa che può essere coinvolta, a partire dall’informazione, sul significato forte di questa visita. Ecco perché ho chiesto ai sacerdoti di accompagnare l’evento con la preghiera, affinché questo incontro con Pietro sia un incontro di fede che faccia crescere la gioia della fede da condividere con tutti”.
Ci offre un ricordo della visita ad limina che ha vissuto come Arcivescovo di Sant’Angelo-Conza-Nusco-Bisaccia?
“Ero stato nominato Vescovo già da più di un anno quando incontrai Benedetto XVI a tu per tu. Fu un colloquio molto sereno e familiare e perciò profondo, nel quale il Papa mi ascoltava con una curiosità incredibile, che è tipica delle persone sagge oltre che intellettualmente profonde. Faceva domande, voleva conoscere e capire. Ho un ricordo particolarmente bello. Avendo io detto che ero stato il primo vescovo nominato da lui in Italia, un mese dopo la sua elezione al soglio pontificio, mi disse: ‘Allora stiamo facendo i primi passi insieme, stiamo imparando insieme a servire la Chiesa’. Questa è una testimonianza di grande umiltà di chi ha la consapevolezza di non essere stato posto al di sopra di altri, ma di svolgere un servizio per il bene della comunità. Certo, si tratta di un servizio così particolare perché il Papa è chiamato in nome di Dio a stare vicino all’intera Chiesa e ad aiutare la Chiesa a stare vicina all’intera umanità. Benedetto lo vive come umile operaio nella vigna del Signore. È un esempio innanzitutto per noi vescovi su come stare vicini alla gente, con l’apertura del cuore e il coraggio dell’intelligenza. Papa Benedetto ci stimola a dialogare con tutti, soprattutto con quelli che pongono domande, sono in ricerca o che sono su posizioni diverse, per riscoprire che abbiamo in comune un desiderio forte, quello dell’Assoluto”.
Cosa si aspetta da questa visita?
“Una cosa in particolare: l’incontro della Chiesa con il Papa, tramite il Vescovo, potrà aiutare questa Chiesa a prendere maggiormente consapevolezza della sua dimensione diocesana, di sentirsi una Chiesa ricca, variegata, con tante particolarità che non devono diventare particolarismi o che devono superare alcuni particolarismi che di fatto si corre il rischio di vivere. Ecco: mi aspetto una crescita della consapevolezza nelle comunità, nei laici, nei preti di sentirsi con il Vescovo una sola comunità. L’auspicio è che l’incontro con il Papa ci faccia vivere in questa unità. La visita avviene a poca distanza dalla conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e noi cresceremo nell’unità se la sperimenteremo, così come il Concilio Vaticano II ci ha insegnato nella ‘Lumen Gentium’. È la dimensione del Regno di Dio e del servizio che la Chiesa può e deve rendere anche qui nel nostro territorio, in una realtà che davvero corre il rischio di lacerarsi perché frastagliata. Noi ci inseriamo in tutto ciò: ci chiedono il sostegno morale e lo diamo, ci chiedono la partecipazione e cercheremo di farlo per quel che ci compete. Ma una cosa non la dobbiamo perdere: la passione per l’unità, che questo popolo può e deve riscoprire”.

Gigliola Alfaro