Si conclude il secondo anno del Percorso Emmaus

Domenica 6 maggio 2018, a due anni esatti dal primo incontro della pastorale Emmaus, per separati, divorziati, risposati e riaccompagnati,  presso l’ex Seminario “Don Bosco” di Castellammare di Stabia, si è tenuto un incontro sul tema della guarigione e del perdono, presieduto dal nostro Arcivescovo Francesco Alfano, con la partecipazione di un’ottantina di persone, provenienti dalle diverse zone pastorali dell’Arcidiocesi.
La tavola rotonda, seguita ad un pranzo conviviale, è stata introdotta da don Antonino De Maio, responsabile del servizio con Libero e Annaluce Berrino; egli ha ripreso le fila di questo percorso di accompagnamento che si avvia alla conclusione del secondo anno: undici i gruppi che mensilmente s’incontrano, con un sacerdote ed una coppia, per fare insieme un cammino di crescita umana e spirituale.
Successivamente, la dott.ssa Angela Gaeta, psicologa – psicoterapeuta S.I.P.I., volontaria del Consultorio diocesano familiare stabiese, ha presentato una relazione dal titolo “Sanare le ferite familiari: dall’accoglienza del dolore ad una rinascita vera”.
Dall’esperienza del lavoro di formazione agli operatori della Pastorale familiare, svolto dal settembre 2017 ad oggi, è nata l’esigenza di strutturare un elaborato riassuntivo dei temi affrontati insieme nel corso di questi mesi, per condividerne l’esperienza vissuta ed avere nuovi spunti di riflessione. La fondamentale importanza per la crescita personale della propria consapevolezza, intesa come conoscenza e coscienza delle proprie dinamiche, delle posizioni e dei linguaggi esistenziali (linguaggio razionale, emotivo, fantastico, corporeo), è preambolo necessario ad una sana autocoscienza e ad un incontro con l’Altro vero e costruttivo. Il trauma di una separazione che scinde rovinosamente il rapporto di coppia e lede la serenità della famiglia, può essere elaborato attraverso fasi di cambiamento molto simili all’elaborazione di un lutto.
L’esperienza e l’elaborazione condivisa della sofferenza per tali ferite, attraverso un lavoro di accoglienza e di accompagnamento funzionali, come di fatto nel percorso Emmaus già da due anni gli operatori di pastorale familiare, con attenta sensibilità, stanno realizzando, stimolano e sostengono il processo di accettazione, di guarigione, ed infine di perdono del dolore vissuto e subìto. Si è focalizzata l’importanza dell’esperienza del perdono come viaggio lungo e faticoso che rende l’individuo accettante delle proprie ed altrui fragilità, dandogli il permesso di riaprirsi con rispetto e con misericordia all’altro, in una nuova dimensione di crescita psichica e spirituale.
Il tema della guarigione è stato ripreso poi mirabilmente dal nostro Arcivescovo, nella lectio che ha tenuto sul brano del Vangelo di Giovanni, cap. 5 vers. 1-9:
Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Don Franco Alfano ha spiegato che solo il cristianesimo presenta un Dio dal volto umano, che si fa carico delle nostre ferite, novità assoluta che possiamo condividere con tutti. Nel Vangelo di Giovanni, quelli che noi chiamiamo  miracoli non sono mai definiti così e sono sette (un numero simbolico); l’evangelista li chiama segni che rimandano, ti interpellano, che devi decodificare. Le nozze di Canaa, segno di Cristo sposo dell’umanità. Il miracolo dei pani e dei pesci, segno dell’Eucaristia. La guarigione del paralitico è segno della condivisione di Gesù delle nostre feriteGesù soffre per le nostre infermità e se ne fa carico. Gesù va incontro ai malati, perché gli sta a cuore la nostra integrità, felicità; e ne ha incontrati tanti! E’ sempre Dio che ci viene a cercare nelle nostre situazioni (Adamo dove sei?). Gesù è venuto per stabilire relazioni con ogni persona. Il paralitico del brano evangelico, nella sua solitudine è già morto dentro, non chiede niente a nessuno. Gesù lo vede e sa! Gli rivolge la parola, entra in dialogo. Gesù gli chiede cosa vuole di bello: “che posso fare io per te?”, una domanda fatta con rispetto, con amore per far uscire da noi il desiderio di guarire. Il paralitico dice non ho nessuno, benché ci siano tante persone intorno che vanno da Dio, al tempio. Quest’uomo ce l’ha con tutti, ma è bastato che Gesù si sia rivolto a lui con amore ed egli racconta di sé con più serenità. Fin quando si è arrabbiati non ci si accorge di chi sta intorno. Gesù gli rivolge tre parole:  “Alzati!”, è in te la capacità di rialzarti, lo stesso verbo che usano gli apostoli per la resurrezione. Ciò esprime la fiducia che Gesù ha in lui. Diceva, infatti, S. Agostino: “Dio ci ha creati senza il nostro aiuto, ma non ci si salva senza il nostro contributo”. Poi gli dice:”Prendi la barella”: le tue cicatrici, portale con te e falle vedere, segno di quello che è accaduto in te. Il primo perdono te lo devi dare tu, accettando la tua storia. “Cammina”: quello che non facevi più, mettiti in ricerca degli altri, dovrai rischiare. Lui si alzò e cominciò la sua vita da convertito, risanato dall’amore di Gesù, guarito.
Dopo queste riflessioni del nostro Arcivescovo, ci si è suddivisi in quattro gruppi, in modo che ciascuno dei partecipanti potesse far dono agli altri di quanto era risuonato nel suo cuore, per la sua vita. La comunione è stata ricca toccante: le situazione personali sono profondamente diverse, ma il fatto di poterle condividere con altri, che conoscono quello che sperimenti o per averlo attraversato già o perché ci sono ancora dentro, è prezioso!
Al termine, ci si è scambiati in plenaria i frutti della giornata e del percorso. Tante le testimonianze, sia degli accompagnatori, tra i quali erano presenti alcuni sacerdoti, sia dei componenti dei gruppi. Da tutti emergeva che questo cammino, partito dal desiderio di condividere le ferite delle nostre famiglie, sta portando a conoscere e amare il Signore proprio nella condizione in cui ci si trova, a sentire che Lui, Gesù, cammina con noi e ci vuole guarire e rendere felici!
Nei prossimi mesi inizierà un nuovo ciclo del percorso, mentre continueranno il cammino i gruppi del primo e del secondo anno. Chi fosse interessato, può scrivere una mail all’indirizzo: famiglia@diocesisorrentocmare.it
il servizio diocesano di pastorale della famiglia