Omelia Messa Crismale 2023

05-04-2023

OMELIA DELLA MESSA CRISMALE
CATTEDRALE DI SORRENTO
MERCOLEDI SANTO 2023

         Cari amici,

il saluto liturgico con cui inizia il libro dell’Apocalisse è risuonato anche in questa nostra santa assemblea, che vede radunata la Chiesa di Dio pellegrina in Sorrento-Castellammare di Stabia per l’appuntamento annuale prima della Pasqua e a tutti caro. “Grazia a voi e pace da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra” (Ap 1, 4-5). Non è, lo sappiamo, un semplice augurio. I cristiani infatti non guardano a Gesù con il solo desiderio di essere raggiunti dal dono del suo amore. Ne fanno invece esperienza diretta e profonda, nella vita di ogni giorno ma in modo più pieno e sacramentale proprio nella celebrazione dell’Eucaristia. Dunque siamo convocati perché la grazia e la pace, doni pasquali del Risorto, raggiungano qui e oggi tutti noi, anzi tramite noi l’intero Popolo di Dio in cammino in questa terra da Lui particolarmente amata e benedetta. È Gesù, il testimone fedele fino alla croce, a metterci in comunione con il Padre e a donarci il perdono dei peccati, la gioia della vita nuova, la forza per camminare nella libertà. È Lui, il primogenito dei morti, a riempire i nostri cuori di una grande speranza al punto da non soccombere neppure dinanzi alle tribolazioni. È in Lui, il sovrano dei re della terra, che noi tutti possiamo accogliere il dono della pace per diventarne costruttori coraggiosi e tenaci affinché l’intera famiglia umana ne goda. Ma il testo dell’Apocalisse è ancora più esplicito e completo, mostrando la fonte dei doni della grazia e della pace nella comunione trinitaria: “Grazia e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra”.  La grazia e la pace ci rendono partecipi della vita stessa di Dio, ci donano la comunione come il fondamento delle nostre relazioni, ci uniscono gli uni agli altri come veri fratelli e sorelle in Cristo per mezzo dello Spirito a gloria del Padre!

       La fraternità non è pertanto solo un ideale da perseguire o addirittura, come qualcuno purtroppo pensa, un sogno di gioventù che svanisce inesorabilmente con gli anni man mano che facciamo i conti con la dura realtà. Essa è il presupposto e non tanto lo scopo del nostro stare insieme, il punto di partenza e non la vaga meta del nostro agire pastorale. La missione della Chiesa nasce da essa. È stato così per i primi discepoli, per le comunità apostoliche, per numerose Chiese che nel corso dei secoli hanno testimoniato con la vita la gioia del Vangelo. Così si annuncia il Dio di Gesù: con l’amore fraterno, che supera i nostri egoismi e vince le nostre solitudini, ci fa andare oltre ogni schema individualistico per aprirci all’altro e riconoscere in ogni persona che ci è accanto la presenza di Dio. Ci ha amati per primo, gratuitamente. Perciò possiamo crescere nella fraternità!

       Carissimi confratelli presbiteri, questo dono tocca molto da vicino innanzitutto noi e ci impegna per sempre: lo diremo tra poco rinnovando le promesse sacerdotali prima di benedire l’Olio degli Infermi, l’Olio dei Catecumeni e il Crisma. Siamo infatti chiamati noi tutti, vescovo e preti con l’aiuto dei diaconi, a vivere la comunione con il Signore Gesù e con la comunità ecclesiale di cui siamo stati fatti servi. È il nostro principale compito, senza il quale manca alla Chiesa il segno sacramentale dell’unità in Cristo. Non ci stancheremo mai abbastanza di ringraziare il Padre per questa straordinaria consacrazione, che ci ha trasformati in strumento di concordia, di amicizia, di fraternità. Oggi ne facciamo memoria viva e rinnoviamo la disponibilità a consumarci perché le nostre comunità possano diventare sempre più famiglia nel Signore, condividendo in letizia e semplicità di cuore le gioie e i dolori di tutti, in particolare dei poveri e di chi è solo.

Il primo e fondamentale impegno è custodire il dono della fraternità nel presbiterio. Domandiamoci: cosa vorrà dire per noi preti amarci come fratelli? E come potremo dare concretezza al più bel titolo che ci è stato gratuitamente assegnato, “confratelli”, per non smentire nei fatti ciò che diciamo con le parole? Il dono da una parte supera le nostre capacità umane, ma dall’altra le potenzia. Camminiamo insieme dietro a Gesù, che ci ha uniti a sé per sempre.  Infatti è in noi una forza che ci supera, perché viene da Dio e ci trasforma in figli suoi e dunque in fratelli tra di noi. Non possiamo pensarci ministri del Vangelo isolati dalla comunione presbiterale. Non c’è prima il singolo prete, con le sue doti singolari o anche eccellenti, che si spende con intelligenza e creatività per la sua comunità e solo dopo cerca il confronto con i confratelli. Al contrario, il ministero che ci è stato affidato ci ha inseriti fin dall’inizio in una famiglia che ci precede e ci sostiene, il presbiterio. Non saranno i limiti degli altri preti a farci rallentare il passo, perché conosciamo bene innanzitutto i nostri. La fraternità non ci chiude in piccoli gruppi legati da affinità elettive, non esclude chi non la pensa come noi o è distante per stile di vita e scelte pastorali.  Gli amici si scelgono, i fratelli no. Noi siamo stati scelti da Gesù come suoi discepoli, figli e fratelli, tutti chiamati da lui “amici”. La nostra vita non è più quella di prima: “se uno è in Cristo, è una nuova creatura” (2 Cor 5, 17). Lo Spirito ci ha consacrati per la missione non come navigatori solitari, ma legati gli uni agli altri così da formare un unico collegio presbiterale. Uniti in Cristo dal suo Spirito, testimoniamo con la nostra vita fraterna l’opera del Padre. Quale grande missione ci è stata affidata!

Certo, la fraternità deve assumere volti e stili concreti. Si deve incarnare in scelte quotidiane, fatte di gesti e attenzioni, nell’apertura e nell’accoglienza dell’altro. Occorre vincere ogni resistenza, lavorando su sé stessi e accettando la correzione, sempre dolorosa ma necessaria per crescere come veri fratelli. C’è il rischio di cadere a volte nel pregiudizio, che non ci fa vedere se non ciò che ci ha colpiti dell’altro o di cui ci siamo convinti a partire da qualche dettaglio. Il cammino sinodale ci può aiutare moltissimo, come di fatto stiamo sperimentando nei nostri incontri zonali oramai da due anni: imparare ad ascoltarci tutti, dando tempo all’altro così come lo esigiamo per noi, accogliendo la novità che ognuno sempre porta con sé e che ci arricchisce più di quanto possiamo immaginare. Le varie modalità con cui si sta coltivando in diocesi la fraternità sacerdotale ci fanno ben sperare, perché manifestano una volontà decisa e tracciano un cammino per il futuro. Non più preti soli o isolati. Mai più preti autoreferenziali o leader che per emergere oscurano o ignorano gli altri. Sì al cammino fatto insieme, dove l’originalità dei singoli è riconosciuta, apprezzata e armonizzata nell’unione fraterna. È nella comunione trinitaria che diventiamo segno di salvezza per il mondo!

Carissimi fratelli e sorelle, che oggi rendete visibile la nostra Chiesa diocesana rappresentando tutte le comunità che la compongono, torniamo al saluto liturgico da cui siamo partiti. Il libro dell’Apocalisse riporta la risposta dell’assemblea, che abbiamo ascoltata e che ora possiamo fare nostra. “A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (Ap 1, 5-6). È un’esclamazione gioiosa, un inno di lode, un canto di benedizione. La Chiesa tutta prende coscienza di essere amata. Scopre e sperimenta la presenza del Vivente nella sua storia quotidiana. Il Signore Gesù, che ha sconfitto la morte per sempre, vince ogni solitudine e fa uscire tutti dalla paura che ci tiene ripiegati su noi stessi. Ogni battezzato nasce accolto da fratelli e sorelle, che costituiscono la sua famiglia, l’unica famiglia dei figli di Dio. Nella solenne veglia pasquale, che uscendo dalla pandemia potremo finalmente vivere senza restrizioni, tutti rinnoveremo gli impegni scaturiti dal battesimo: canteremo la nostra fede, proclameremo la grande speranza, manifesteremo l’amore che nasce dalla Trinità. Ci riscopriremo fratelli e sorelle, amati da sempre!

Ecco, cari amici, il motivo vero della nostra gioia. Da qui nasce l’impegno a continuare il cammino con entusiasmo e fiducia. Nella Pasqua del Signore, che ogni domenica celebriamo con stupore e gratitudine in ogni nostra piccola o grande comunità, noi ritroviamo il senso e la forma della missione di tutta la Chiesa. Siamo “Chiesa in uscita” fin dal giorno di Pentecoste, ci ricorda Papa Francesco. Amati, amiamo. Riconciliati, riconciliamo. La fraternità è il dono che il Risorto fa alla sua Chiesa perché possiamo diffonderla attorno a noi per diventare “fratelli tutti”, dalle relazioni personali e familiari allo stile ecclesiale e pastorale fino all’impegno sociale e politico. Non più dunque comunità isolate o contrapposte. Mai più scelte pastorali frutto delle decisioni di pochi, imposte arbitrariamente e senza discernimento comunitario. Si a un cammino sinodale che continui nel tempo e diventi stile ordinario di tutte le nostre comunità: le Parrocchie, le Famiglie Religiose, le Comunità Monastiche, i Gruppi, le Associazioni e i Movimenti. Gli Uffici Pastorali, oramai riuniti nel Tavolo di Curia come unica Area Pastorale, sostengano con passione questo cammino di fraternità. Gli organismi di partecipazione, dai Consigli Pastorali a quelli per gli Affari Economici, si ispirino sempre più al Vangelo e diventino scuola di comunione per tutti.

Un ultimo appello desidero consegnarvi: volgiamo lo sguardo ai giovani. Guardiamoli insieme con trepidazione e preoccupazione. Ma anche con fiducia e speranza. Ci stupiscono, pur tra mille contraddizioni, per la loro capacità di individuare i punti deboli della società in cui si stanno inserendo e i germogli di novità per il futuro del mondo. Ci sorprendono. E ci chiedono di ascoltarli, facendoci loro compagni di viaggio. Con Papa Francesco, che ha aperto il cuore a quanti con sorpresa – anche nella nostra diocesi – hanno accolto l’invito a partecipare alla GMG di Lisbona, diciamo loro:

“Non costruite un muro davanti alla vita. I muri ti chiudono. L’orizzonte ti fa crescere! Guardate sempre l’orizzonte, con gli occhi, ma soprattutto con il cuore! Aprite il cuore! Ad altre culture, ad altri ragazzi e ragazze che vengono anche loro a questa Giornata”.

       Noi vi scorgiamo il germe di un mondo nuovo, affidato dal Risorto a tutti i discepoli del Vangelo!

AMEN.