Ordo Virginum

Continua il viaggio nel rito di consacrazione

Il viaggio nel Rito di Consacrazione delle Vergini si appresta a giungere all’ultima tappa: con l’incontro del 13 marzo punteremo l’attenzione sulla preghiera di consacrazione, nucleo profondo intorno al quale si manifesta l’amore di Dio per la Chiesa sua sposa.

Per questo concludiamo ora il discorso sulle restanti parti della Consecratio virginum, illustrateci in maniera lucida e sistematica da Serenella Del Cinque, nell’incontro precedente del 13 febbraio:

  • Le Litanie;
  • La rinnovazione del proposito di castità;
  • La consegna dei simboli di consacrazione.

È apparso chiaramente fin dal primo incontro quanto la ricchezza liturgica espressa nel Rito fosse sorprendente e quanto il suo approfondimento ci aiuti a comprendere sempre più e meglio ciò che una vergine è chiamata ad essere. Il dono della verginità, all’origine della Consacrazione verginale, sorge, vive e cresce nella Chiesa e per la Chiesa; in questa realtà, infatti, vive il carisma della verginità che, dono del Padre, scende per mezzo del Figlio e dello Spirito Santo nel cuore di alcune donne, scelte e volute da Lui, per vivere la stessa realtà di Sposa di Cristo in modo speciale: la Chiesa trova nella consacrata il segno di ciò che lei è.

La vergine non vive più per se stessa, ma per Dio, per la Chiesa e per i fratelli: diventa segno qualificato dell’amore sponsale della Chiesa per Cristo, non solo all’interno di essa ma anche nel mondo.

Il valore dell’ecclesialità, ha sottolineato Serenella, è come un fiume in piena da cui scaturiscono quattro dimensioni che ritroviamo esplicitate e inglobate nel Rito stesso, dimensioni strettamente correlate tra loro:

La Dimensione Oblativa

Il dono di sé è un’esigenza stessa dell’amore, nella dinamica dell’amore divino. Per la vergine, il motivo e il modello rimane sempre il Figlio, la sua oblazione, la sua donazione, la sua stessa carne mortale. La risposta d’amore a questa oblazione non può essere che il dono totale di sé: la vergine consacrata fa esperienza di sentirsi amata per prima e di riamare il Signore. Questa dimensione oblativa non può manifestarsi con un semplice devozionismo, ma deve esprimersi nel servizio.

La Dimensione Diaconale

Il dono di sé a Cristo Capo non può escludere le sue membra; la diaconia che ciascuna consacrata è tenuta a dare è verso il dono della verginità stessa, dono preziosissimo da custodire e alimentare. La consacrazione del dono della verginità non è finalizzata ad un servizio specifico, ma ad essere presenza del Regno di Dio: il propter regnum coelorum.

La Dimensione Martiriale

È proprio quella verginità per il Regno dei Cieli che diventa segno e testimonianza della relazione d’amore che la consacrata vive nella condizione verginale. La prima testimonianza che la consacrata è quella di essere unita al Signore senza distrazioni, in un amore fedele e totale, senza doversi affannare o preoccuparsi di ricercare impegni e mansioni significativi nella Chiesa, non è la “visibilità” a rendere testimonianza della vita in Cristo. La verginità espressa nel dono totale di sé esprime sempre un atteggiamento contemplativo verso lo Sposo e uno stile di vita pienamente inserito nel mondo, scorgendo il volto dell’Amato nel povero, nel peccatore, nel malato.

L’Istruzione “Ecclesia Sponsae Imago” ci richiama sempre alle tre passioni: la passione per l’annuncio del Vangelo (ESI 39), una passione ardente per il cammino della Chiesa (ESI 44) e la passione per la realizzazione del Regno, con un amore preferenziale per i poveri (ESI n.86f).

La Dimensione Materna

Certamente la maternità della vergine consacrata è da considerarsi nell’ordine dello Spirito; alimentata dall’ascolto della Parola, da una coerenza di vita e dalla fedeltà allo Sposo e alla Chiesa, è e diventa fecondità spirituale che dura tutta la vita, come risposta quotidiana al dono ricevuto. Con il Rito di Consacrazione, la vergine è dedicata pienamente e ufficialmente ad essere madre feconda di nuovi figli nello Spirito; è strumento di unità e di comunione ecclesiale, chiamata a custodire e far crescere l’unità, insieme al Vescovo e ai Presbiteri.

 Proseguendo ora attraverso l’itinerario del Rito, vediamo come la Chiesa, dopo aver raccolto e accolto la volontà delle vergini ad impegnarsi in una vita adeguata alla chiamata, si appresta a consacrare le sue figlie, non prima di aver invocato l’intercessione della Vergine Maria e dei suoi Santi e implora Dio affinché effonda la grazia dello Spirito su queste figlie che egli si è scelto.

Le Litanie dei Santi

È un momento di intensa comunione ecclesiale che vede tutta la Chiesa, quella del cielo e della terra, quella del passato e del presente, la chiesa dei santi e delle sante, dei martiri, delle vergini e dei pastori, unita nella supplica a Dio per queste donne. Le litanie sono accompagnate dal gesto della prostrazione, gesto pieno, completo: la consacranda è stesa completamente a terra e il suo corpo abbandonato al suolo indica la situazione di abbandono al suo Signore e di totale povertà.

Il Proposito di Castità perfetta

Con la Rinnovazione del proposito di castità la vergine, che già vive questa scelta, offre la sua vita solennemente davanti al popolo di Dio, il quale, partecipando alla celebrazione, forma con lei un corpo solo disposto a sostenere l’impegno assunto.

La vergine pone, quindi, le sue mani nelle mani del Vescovo che l’accoglie nella sua totalità, spirito, anima e corpo, così tutta la corporeità viene posta nelle mani di Dio significate in quelle del Vescovo. La donna si affida alla Chiesa-Vescovo che la riconosce come immagine di sé stessa; il gesto indicare una reciprocità tra la vergine e il Vescovo: la consacranda, infatti, pone nelle mani del vescovo il suo proposito e Dio promette alla vergine, attraverso il Vescovo e la sua Chiesa, accoglienza, custodia e fedeltà.

La Solenne Preghiera di Consacrazione

Attribuita con ottime probabilità a Leone Magno, segna il culmine del Rito: tutto ciò che abbiamo celebrato fino ad ora, tendeva e preparava questo momento che termina con l’amen, l’assenso del popolo.

La vergine si pone in ginocchio davanti al Vescovo, il quale con le braccia stese davanti al petto canta la preghiera di consacrazione: il gesto è chiaramente epicletico, di invocazione allo Spirito, è altamente pregnante e significativo; è il momento essenziale del Rito, tanto che la sua mancanza renderebbe invalido il rito stesso. Come, nella celebrazione della messa, alla presentazione dei doni segue la consacrazione così, nel Rito della Consecratio virginum, alla presentazione del propositum segue la preghiera di consacrazione.

La consegna delle insegne o segni esplicativi

Il Vescovo consegna alle vergini tre oggetti simbolici: due di natura sponsale, il velo e l’anello, e una di natura ecclesiale, la Liturgia delle Ore. Sono segni che sottolineano il legame con la Chiesa Sposa e perpetuano nel tempo quello che è stato celebrato nel Rito.

Nel velo è significato lo Spirito Paraclito che eleva le vergini alla dignità di “spose di Cristo” ed è il segno della integrità della fede; richiama la nube luminosa che copre la tenda e la riempie, simbolo della presenza di Dio nel Libro dell’Esodo, ma anche la nube luminosa che avvolge con la sua ombra i testimoni della Trasfigurazione. Il velo delle vergini rimanda poi, immediatamente, a quello delle religiose, come il cappuccio dei monaci, ma soprattutto all’Evangelario posto sul capo del Vescovo nel Rito di Consacrazione Episcopale.

Mentre il velo è un segno facoltativo, l’anello viene sempre consegnato e rimanda ad un senso di completezza e di perfezione. È il segno dell’indissolubile unione con Cristo, segno della Sua fedeltà e dell’impegno a conservare la fedeltà allo Sposo.

L’anello rimanda al Faraone che conferì a Giuseppe i pieni poteri consegnandogli il proprio anello (Gen 41,42). Anche Giobbe riceve un anello dai suoi familiari ed amici, dopo tutte le prove cui fu sottoposto (Gb 42,11). Nel N.T si presenta, poi, come segno di dignità, infatti, nella Lettera di Giacomo, l’uomo ricco viene riconosciuto dall’anello d’oro, così come nella parabola del Padre Misericordioso, al figlio perduto viene messo l’anello d’oro al dito.

Il libro della Liturgia delle Ore è il simbolo della preghiera di tutta la Chiesa, madre di una moltitudine di figli. Tale preghiera è la voce della Sposa che parla allo Sposo e chi la celebra partecipa al sommo onore della Sposa di Cristo, con esso le vergini sono legate a servizio della Chiesa e dei fratelli. Consegnandolo, il Vescovo dà alla vergine l’incarico di pregare come prega la Chiesa durante tutto l’arco della giornata.

Due sono, infatti, le richieste della Chiesa alla consacrata: la verginità e la preghiera della Liturgia delle Ore

Il Salmo 44, cantato alla fine delle consegne è il salmo delle nozze regali, costituisce il Salmo tipico della Liturgia della Vergine Maria e delle Sante vergini e contribuisce a definire il contesto nuziale, entro il quale si fanno le consegne.

 A sigillo dell’intero rito, la Liturgia Eucaristica: le neo consacrate consegnano il dono di sé a Cristo e alla Chiesa portando i doni all’altare. Il Rito contempla delle Intercessioni particolari per le Preghiere Eucaristiche ed è previsto che le consacrate si avvicinino all’altare per ricevere dal Vescovo la Comunione eucaristica sotto le due specie: si completa così tutto il percorso celebrativo strettamente configurato al Mistero pasquale.

Per concludere, la Benedizione finale: il Vescovo si rivolge direttamente alle Vergini nella triplice ripresa trinitaria e benedice loro e il popolo.

Queste ultime fasi riproducono l’intenzione unitaria del Rito in ogni parte della Celebrazione Eucaristica, Mistero pasquale di cui facciamo memoria e al quale ci associa la Consacrazione verginale.

di MARIA D’AMORA, ov

 Per visionare gli incontri precedenti:

http://www.diocesisorrentocmare.it/dio-ci-attende-alle-radici/

https://www.diocesisorrentocmare.it/celebrare-il-mistero/