Come si misura una vita? Cosa ci fa stabilire il valore dei giorni contenuti in una esistenza?
C’è un tempo contato, dettato dall’orologio, dal calendario, un tempo Kronos che non possiamo controllare, esso scorre senza tener conto di niente e nessuno: ha un suo ritmo, un suo corso sul quale non possiamo intervenire.
Poi c’è un altro modo di contare i nostri giorni, anzi che fa contare i nostri giorni, ed è una unità che non ha misura, non ha un peso specifico, sto parlando dell’amore. L’amore stabilisce “un tempo” che supera il tempo cronologico, lo attraversa, ne dilata la qualità, rendendolo il tempo giusto, il tempo delle opportunità, il tempo dell’amore: Kairos! L’amore dunque misura i nostri giorni e dà valore alle stagioni della nostra vita.
Domenica 4 febbraio, nella 46a giornata per la vita, presso la parrocchia Gesù Buon Pastore, con alcuni sacerdoti e laici della nostra diocesi, abbiamo meditato sul valore della vita, a partire dalle piccole difficoltà quotidiane, piccole morti e travagli dai quali il Signore fa risorgere vita nuova!
Ci hanno incantati con le loro voci i giovani del musical diocesano RENT-reloaded, (presto potremo vederlo a teatro) con una canzone d’apertura “Stagioni d’amore“.
Abbiamo, poi, ascoltato la forte testimonianza di Giovanna, che ha toccato il nostro cuore raccontando con infinita gratitudine, l’amore che il Signore le ha fatto sperimentare nella sua vita matrimoniale trasfigurata dalle difficoltà.
E infine attraverso una spettacolare performance di Sand art siamo stati trasportati nella sorprendente epica migrazione della farfalla monarca, un racconto scritto perdendo dal messaggio dedicato dai vescovi alla suddetta giornata, per narrare a grandi e piccini il viaggio certamente difficile e pieno di ostacoli, che però vede la vita fiorire e non arrendersi mai, grazie anche a quelle che possono sembrare condizioni precarie, sterili, dolorose, eppure pervase di una estrema bellezza che rende la vita migrante resistente e feconda.
Quello di domenica sera è stato sicuramente un tempo Kairos che ha arricchito il nostro cuore, un tempo donatoci dal Signore per cui sentiamo forte il desiderio di dire: Grazie!
di Aniello e Giusy Aponte, sposi, Castellammare di Stabia
Ma non basta! prima della serata, durante due ore pomeridiane belle intense, il vescovo si è reso disponibile a dialogare con i giovani della diocesi, distinti nelle responsabilità e nelle età, ma non distanti, tutti seduti sullo stesso pavimento (non a terra, per ovvie ragioni di età!) a dialogare francamente – e vi dirò, molto poco istituzionalmente, per quanto possa fare un vescovo – di temi vivi, caldi, che stanno a cuore, ai giovani ma anche al vescovo. Qualche briciola, sperando che possa ripresentarsi il convivio!
Domenica pomeriggio.
Un gruppo di giovani seduti attorno al loro vescovo. Cosa fanno? Parlano. Anzi, dialogano, che è di più.
Di cosa? Di vita…cioè, di casa. Sì, parlare della vita, delle sue mille sfaccettature, non è altro che parlare di casa. Mattoni.
Eredità di un lontano passato che poi tanto lontano non è, perché si fa prossimo e presente.
Mattoni di fede, dono della Chiesa. Mattoni che compongono pareti che ci proteggono dalle intemperie del caos, ma anche finestre e porte che aprono spiragli su un mondo che non è fuori, ma dentro…Mattoni che ogni giorno continuano ad esserci consegnati per ampliare la casa, che accolga sempre più uomini e donne, sempre più vita.
Mattoni per costruire fondamenta, pareti, tetti. Mai muri.
Giovani in dialogo: giovani costruttori.
di Giuseppe Stinga, Vico Equense
Nella “domenica della vita” il nostro amato don Franco ha accolto noi giovani in un pomeriggio di dialogo su temi particolari – quali il presente e il futuro della Chiesa, la vita affettiva e sessuale, le famiglie fuori e dentro ogni “categoria” – che hanno catturato la nostra attenzione.
Lo ha fatto nel modo migliore per un educatore, per un buon accompagnatore che non dà risposte quando non ne ha: un dialogo costruttivo e di riflessione, evitando il giudizio e invitando a empatizzare con le persone, con le vite degli altri, che sempre devono poter trovare accoglienza e ascolto nella Chiesa in cammino.
A noi giovani l’invito a pretendere – e la responsabilità nel fare la nostra parte – una Chiesa che cresca sempre di più nella dimensione dell’uscita e dell’incontro del mondo che è l’altro.
di Valentina Colasanto, Pimonte
Domenica 4 febbraio, in occasione della quarantaseiesima giornata per la vita, noi giovani ci siamo incontrati – per davvero – tra noi e con il vescovo.
Siamo stati resi protagonisti, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo ascoltati e abbiamo potuto dar voce alle nostre domande, ai pensieri e ai sogni che portiamo dentro.
L’esperienza preziosa, per me, è stata poter riconoscere negli occhi degli altri giovani e, in modo particolare, del vescovo, lo stesso desiderio che sento bruciare nel mio cuore: cioè, poter essere grembo che accoglie la vita di tutti e di ciascuno.
Chiesa che non resta chiusa e indifferente, ma che sappia farsi prossima, vicina… perché nessuno vada perduto. Oltre ogni distanza di età, cultura, generazione ho sentito così di essere appartenente ad un solo Corpo, quello di Cristo.
Quella stessa sera, Giovanna ci ha aiutato a celebrare la vita, raccontandoci la sua Pasqua.
Annunciandoci che, per quanto sia duro e freddo l’inverno, la vita resiste. La Grazia accompagna. Il Signore non viene meno alla Sua promessa.
Da quella sera provo una profonda gratitudine e il desiderio, rinnovato, di poter essere grembo, che accoglie e genera vita!
di Rita Staiano, Castellammare di Stabia
In occasione dell’incontro diocesano sul tema della vita, presso la parrocchia di Gesù buon pastore, noi giovani abbiamo avuto la possibilità di confrontarci direttamente e apertamente con il nostro vescovo don Franco su alcuni argomenti di grande attualità e delicatezza.
Il vescovo si è mostrato molto disponibile all’ascolto e al dialogo dando risposte chiare e pertinenti, non prive di schiettezza quando necessario.
Egli ha mostrato come la Chiesa sia in cammino riguardo questioni problematiche, come le relazioni lgbt, ponendosi in una condizione di apertura nel tentativo di comprendere determinate dinamiche e capire oggi cosa il Vangelo ci chieda rispetto alla realtà viva che abbiamo accanto.
Su altri punti, come per esempio l’aborto, le posizioni della Chiesa risultano ferme e nette: abortire vuol dire togliere la vita a un altro essere vivente di cui Dio ha pensato l’esistenza, a cui Dio ha donato quella vita, anche quando esso è ancora un essere monocellulare – ci ha detto il vescovo con fermezza – da qui poi si dialoga con tutti.
Questa può essere la prospettiva di un credente, ma per chi non crede? Come confrontarsi su questo tema con chi non parte da questo presupposto di fede?
È infatti emersa, in questo stesso incontro, anche la necessità di accogliere nella comunità cristiana tutti, e dunque anche coloro che si dicono atei.
E allora…è giusto fare dell’aborto una questione di stato? Soprattutto quando deve trattarsi di uno stato laico? Qual è il limite tra evangelizzazione e imposizione?
Queste alcune delle riflessioni che ha suscitato in me la discussione, domande che tuttavia non hanno ricevuto risposta perché non formulate.
Nonostante la disponibilità di padre Franco infatti, solo alcuni tra noi, sono riusciti a sciogliersi e dare voce a dubbi e pensieri, un po’ per timidezza, un po’ per indifferenza e forse stanchezza.
Se è vero infatti che siamo giovani e dobbiamo cambiare il mondo è anche vero che siamo persone, con le nostre giornate no e le nostre fatiche quotidiane. Talvolta allora può bastare anche solo partecipare, ascoltare e farsi un’idea propria da confrontare con gli altri quando si è pronti.
di Maria Laura Orsi, Massa Lubrense
«La sessualità non è solo l’atto sessuale, è molto di più, è come noi stiamo al mondo come esseri sessuati, anche io»
«Rispetto alla questione del prendersi cura dei figli, o di altre vite, io non ne faccio una questione di famiglia tradizionale – non mi piace questa categoria – credo il punto sia un altro, credo che tutti quelli che allevano la vita di un altro debbano attrezzarsi all’educazione alla sessualità, che è ben più che l’atto sessuale, e all’amore, fino alla meta alta del Vangelo»
«Castità, non è astinenza o il celibato dei preti, io la definisco così, vedete se mi potete capire: “Entrare in un rapporto in punta di piedi”»
vescovo Franco